Gestione e organizzazione in cucina

by Marina Caccialanza


È soltanto lavorando senza risparmiarsi che si possono ottenere i risultati migliori”. Questa frase è attribuita a Paul Bocuse, e se lo diceva lui…

Lavorare nella cucina di un ristorante, grande o piccola che sia, richiede devozione e, soprattutto grande capacità di organizzazione. Non è un caso se lo staff della cucina viene definito “brigata” alla maniera militare. Non solo per il rigore e le regole gerarchiche ma per la meticolosità con la quale tutto viene programmato e stabilito, secondo un ordine preciso e un metodo: il rispetto di tali regole è indispensabile per garantire l’efficienza e l’equilibrio del lavoro di gruppo. 

Metodo è la parola magica e significa sapersi prendere cura del cliente, in cucina e in sala, seguendo regole di comportamento e normative volte a rendere efficiente il lavoro, perché saper cucinare non basta.

In cucina vige una precisa gerarchia: questo serve ad attribuire a ognuno specifici compiti, secondo le personali competenze, e assumersi dovute responsabilità affinché il lavoro si svolga in modo scorrevole.

È spesso una corsa contro il tempo; il tempo è organizzazione, suddivisione dei compiti, delle cotture, delle realizzazioni. Il tempo in una cucina di ristorante deve essere regolato accuratamente, nulla è lasciato al caso e all’improvvisazione.

La creatività e il genio di uno chef non sarebbero nulla senza la capacità di mettere in pratica le idee con metodo e organizzazione, condivisione e collaborazione. Soprattutto la collaborazione di tutti i membri della brigata, perché in cucina non esistono solisti: è un’orchestra e come tale deve suonare con armonia sotto la guida del suo direttore.

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lo chef Simone Rugiati al lavoro durante una dimostrazione in cucina

In una struttura complessa, come quella della cucina di un grande albergo per esempio, a capo del personale operativo c’è l’executive chef, responsabile e coordinatore degli executive sous chef e degli chef de cuisine per tutte le operazioni di direzione. Sono figure di alto livello, con ruoli complessi, anche a livello amministrativo e direzionale.

Se prendiamo in esame la cucina come centro operativo, a capo delle operazioni c’è lo chef de cuisine, o capocuoco. È lui che:

·     coordina il lavoro dei membri della brigata

·     dispone i compiti

·     indirizza le attività

·     predispone e redige il menù

·     si occupa di fare la lista della spesa

·     si assicura del buon funzionamento dei macchinari essenziali

·     mantiene i contatti coi fornitori

Al suo fianco il sous chef, o chef in seconda, che lo coadiuva nelle operazioni e lo sostituisce in caso di assenza.

Da questa figura partono una serie di operatori addetti a differenti mansioni che hanno il ruolo di collaborare al risultato finale coordinandosi in funzione delle diverse attività: sono gli chef de partie (capopartita), responsabili di uno specifico settore, per esempio i primi piatti, le carni, il pesce, le verdure o gli antipasti e così via. Quando un giovane ricopre di volta in volta i diversi ruoli può essere certo di aver raccolto le esperienze necessarie a costituire il suo bagaglio professionale.

Nelle grandi cucine esistono numerosi altri ruoli che, di fatto, nelle brigate più piccole vengono svolti da tutti i componenti. Secondo la catalogazione ufficiale possiamo citare lo chef garde-manger, il dispensiere addetto all’approvvigionamento e conservazione delle materie prime deperibili, alla lavorazione preventiva delle carni e dei pesci, alla preparazione delle salse e tutta una serie di operazioni che servono a fornire allo chef de cuisine gli strumenti per la realizzazione finale del piatto: sotto di lui lo chef poissonnier, addetto alla lavorazione del pesce, lo chef communard che si occupa della preparazione dei pasti per il personale, solo per citarne alcuni, e via via una serie di figure addette alla preparazione delle carni o a quella dei legumi, fino allo chef pâtissier, o come si definisce più spesso con un termine inglese il pastry chef, figura quest’ultima che sta diventando sempre più importante nelle cucine dei ristoranti dove il dessert, elemento del menù un tempo sottovalutato, ha oggi ottenuto il riconoscimento dovuto. Non dimentichiamo il commis, l’aiutante del capo partita, ruolo apparentemente umile ma fondamentale: svolgere per un certo tempo le mansioni di commis in un ristorante corrisponde a frequentare una vera e propria scuola di vita dove oltre a ricoprire una mansione si osserva, si impara e si sviluppa la propria competenza.  


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gli allievi cuochi di Congusto Gourmet Institute a Milano 

La giornata è lunga in una cucina di ristorante. Comincia presto la mattina con la gestione della dispensa e del magazzino: il controllo delle derrate è un compito importante, soggetto a specifiche normative mirate a garantire la sicurezza alimentare e l’igiene oltre a fornire gli strumenti (gli ingredienti) per la preparazione di pasti. Ordine e precisione, in questa fase, possono contraddistinguere la qualità della proposta e favorire lo svolgersi dei tempi di lavorazione.

A questo scopo, gli operatori del settore sono tenuti a rispettare le disposizioni della legislazione alimentare inerenti alle fasi della produzione, trasformazione e distribuzione.
Nell’organizzazione di una cucina professionale non si possono trascurare gli obblighi legati alle normative di HACCP (Hazard Analysis and Critical Control Point) che analizza i pericoli e i punti critici individuati nel processo di trasformazione dei cibi. Il responsabile della cucina, pertanto, deve elaborare un piano HACCP secondo punti individuati in:

·     potenziali rischi microbiologici

·     individuazione dei punti dove possono verificarsi i rischi

·     decisioni da adottare in merito a potenziali rischi individuati

·     applicazione di procedure di controllo di tali punti critici

·     riesame periodico di sorveglianza.

Questo procedimento riguarda anche l’individuazione delle singole fasi della produzione degli alimenti, la selezione delle materie prime utilizzate e il ricevimento e stoccaggio dei materiali.

Nei compiti di chi dirige una cucina rientrano, pertanto, le buone pratiche di manipolazione degli alimenti nonché il controllo del rispetto delle norme igieniche da parte dei suoi sottoposti:

·     avere le mani pulite o usare guanti monouso

·     avere un abbigliamento adeguato, compresa una cuffia di protezione per i capelli

·     usare mascherine (anche in tempi non sospetti) nel caso di raffreddore o tosse

·     sono banditi anelli, orecchini, piercing ecc.

·     sanificazione degli ambienti con detergenti approvati dal Ministero della Salute

·     conservazione dei cibi e degli ingredienti in contenitori adeguati e alle temperature consigliate.

Una cucina ben organizzata deve disporre di attrezzature adeguate. Gli strumenti sono la base del lavoro della brigata, un valido aiuto all’efficienza, all’ottimizzazione delle fasi di lavorazione e cottura. Per questo, gli operatori sono tenuti a utilizzarli con cura e mantenerne efficienti le potenzialità. Pentole, coltelli, utensili fanno parte del bagaglio di ogni cuoco dal commis alle prime armi fino al grande chef. Allo stesso modo ogni componente della brigata deve conoscere il corretto utilizzo degli strumenti di cottura, fornelli, forno o griglie, friggitrici o abbattitori.  

Tra i tanti compiti di uno chef, che diriga la cucina di una grande struttura o un piccolo locale di famiglia, oltre a coltivare l’arte gastronomica, possiamo senz’altro comprendere l’analisi del menù, ossia quella tecnica che permette di valutare la profittabilità dei singoli piatti.

Per fare ciò, è necessario che sappia analizzare tre elementi fondamentali, in grado di determinare il successo dell’impresa di ristorazione aldilà del piacere generato dal singolo piatto:

·     la popolarità, intesa come numero di piatti venduti

·     il food cost, che rappresenta l’incidenza delle materie prime sui prezzi di vendita

·     il margine di contribuzione di primo livello di ogni singolo piatto

Dalla formulazione di questi dati deriva l’analisi del menù. È un campo complesso che non ammette improvvisazione. Ancora una volta, la parola d’ordine è organizzazione. 

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Fuori dalla cucina, infine, è il personale di sala a guidare l’accoglienza e la gestione del cliente. Anche in questo caso vigono regole di comportamento precise e il rapporto tra cucina e sala è fondamentale per garantire un’accoglienza adeguata. L’equilibrio tra cucina e sala può determinare il raggiungimento dell’obiettivo comune: soddisfare il cliente e, di conseguenza, il successo dell’attività perché non dimentichiamo che un ristorante, come ogni attività commerciale, ha bisogno della sostenibilità economica derivante da una gestione imprenditoriale oculata.

Se la figura del cuoco è in auge anche a livello mediatico, è di fondamentale importanza il peso che la sala ha sull’efficacia della cucina nel creare quell’atmosfera che rende l’esperienza gratificante.  

 

pubblicato su sala&cucina.it