Izu, l’anima internazionale di Milano
Il tratto che caratterizza il ristorante Izu a Milano è l’armonia di un’ospitalità raffinata composta da una proposta culinaria esotica tendente al fusion, dall’impronta orientale ma in grado di spaziare oltre orizzonti lontani per tornare all’italianità che sta alla base. Izu è un luogo d’incontro tra culture differenti che si ritrovano simili e affini per creare un’unica identità antica e moderna al tempo stesso, giovane e salda nei suoi principi. È il volto nuovo della Milano internazionale, un po’ chic ma non esclusiva perché aperta e accogliente, serena ed equilibrata.
Una realtà che interpreta la città nella sua milanesità più profonda che vuol dire discrezione, classe e concretezza; qui il buon cibo accomuna e gratifica, è offerto con cortesia e attenzione, crea emozione. L’ambiente curato, sobrio e confortevole tra luci moderatamente soffuse e ottima acustica, accoglie con discrezione e le ampie vetrate affacciate sulla città lasciano immaginare la sua frenesia ma non la fanno percepire. Tranquillità e sorrisi, un momento di pausa tutta da godere.
Triglia yuba avvolto di cagliata di soia croccante
Oltre la cucina giapponese
Izu interpreta la cucina giapponese in maniera
creativa. Questo significa che l’atmosfera della cultura giapponese aleggia e
costituisce la base di partenza ma è arricchita dall’incontro con altre culture
– da quella italiana a quella cinese o sudamericana, per esempio – creando un’armonia
che coinvolge i sensi e il palato e definendo così una nuova personalità.
Il patron Jin Yue Hu ha origini cinesi, i suoi
genitori cominciarono l’attività nella ristorazione nel 1993 con una piccola
gastronomia in Corso Lodi 27 a Milano, una sola vetrina dedicata alla vendita di
piatti da asporto. Da sempre innamorato della cultura giapponese e della sua
cucina, dopo varie esperienze internazionali, oggi Jin porta avanti il sogno di
suo padre e Izu, ampliato negli spazi e rinnovato nell’allestimento, è
ormai realtà consolidata e punto di riferimento in città: 30 anni di storia portando in scena un mix tra cultura e sapori
internazionali, accoglienza friendly, servizio attento e cura estrema dei
particolari.
Il ristorante offre un viaggio culinario unico che fonde tradizione e
modernità, l’ambiente dal tocco zen e contemporaneo è in linea con la
filosofia della cucina di Jin Yue Hu, che afferma: “Accolgo i clienti
personalmente, tutti i clienti, e quando i miei collaboratori mi chiedono
‘perché prendi tu tutte le comande?’ rispondo che io li rappresento, io sono la
prima persona che gli ospiti incontrano, sono colui che sa tutto quello che c’è
da sapere sul menù e posso accompagnare l’esperienza di ognuno. ” Il valore
della sala affianca in questo modo quello della cucina e dà origine a
quell’atmosfera di professionalità e accoglienza che non può mancare,
attribuisce equilibrio all’esperienza in ogni suo aspetto, per gusto e
benessere.
Jin Yue Hu è affiancato da una solida brigata coordinata dagli chef Andino Murillo (chef sushi) e Mingdon Huang (chef cucina). In sala il sommelier Cristian Alfredo Carias Ardon, consiglia agli ospiti i corretti abbinamenti vini ai piatti proponendo etichette ricercate e di pregio.
“Il nostro ospite – racconta Jin – viene accompagnato nelle sue scelte e assecondato secondo le preferenze. Se conosce il menù sceglie liberamente ma se vuole lasciarsi guidare studio personalmente un menù adatto ai suoi gusti: poche domande mirate e individuo il percorso di degustazione. Siamo molto flessibili: se non piace il salmone lo sostituiamo con la ricciola, se non ama il fritto proponiamo al vapore o scottato; secondo il suo gusto alterniamo i sapori – speziato, piccante, delicato – in una proposta creata su misura. Faccio ordinare i piatti poco alla volta, affinché il cliente capisca la filosofia del ristorante, e in base alle preferenze si modula il percorso, lentamente. Non è semplice, in 30 secondi devi capire cosa offrire e ci vuole competenza e sensibilità ma è il valore aggiunto al nostro menù. Non esiste un menù unico per tutti e non esiste un piatto più buono di un altro. Esiste il piatto più adatto per ogni persona”.
La profonda esperienza di Jin Yue Hu non si limita alla sala; ha lavorato molti anni anche in cucina in ristoranti di vario genere, e questo gli permette di offrire al cliente la giusta consulenza: “Se non sai non puoi spiegare – dichiara – e ci vogliono flessibilità, adattamento ed empatia”.
Jin Yue Hu con chef Andino Murillo e chef Mingdon Huang ( jpg
Piatti classici e innovativi, la spinta creativa degli chef
Il menù di Izu si compone
di grandi classici e di nuovi piatti, realizzati con l’utilizzo di ingredienti
da tutto il mondo, di grande freschezza e nel rispetto della stagionalità.
L’innovazione nei piatti è data dalla creatività e dalla fantasia unite alla
ricerca di materie prime importanti e impreziosite dalle capacità tecniche e
di lavorazione degli chef che ne esaltano il gusto e il sapore.
Si può iniziare con un gambero in tempura, perfetta anticipazione di quello che
sarà, seguito da ricciola amaebi
e arancia rossa con salsa passion fruit e kumquat (mandarino cinese).
Spiega lo chef Andino Murillo: “Nella cucina giapponese il percorso inizia sempre con una nota
agrumata per preparare il palato, e si finisce col cotto”. In mezzo, una novità
come la scarpetta,
una trilogia di tonno rosso in tartare, con salsa su-miso e chips di alga
nori che così descrive chef Murillo: “Il piatto è formato di due piatti
scomposti, per offrire divertimento oltre che gusto. La trilogia di tonno
comprende la parte magra, la parte semigrassa e la parte grassa del tonno ((akami, chu-toro, o- toro), il tutto condito con olio di sesamo e salsa karashi-miso. Fare scarpetta con le chips
di alga nori favorisce la degustazione e anche la convivialità; la croccantezza
delle chips si alterna alla scioglievolezza della tartare in modo molto
armonioso”.
Per pulire il palato niente di
meglio di un assaggio di avocado con pinoli tostati: “Per alleggerire la degustazione in un gioco di consistenze. È un piatto
nuovo – descrive lo chef - sotto facciamo un nido di daikon, tagliato a
julienne, sopra dell’avocado con olio di oliva ricoperto di pinoli tostati al
forno”.
È a questo punto del percorso
che può arrivare il piatto forte, quello più tipicamente giapponese secondo
l’immaginario: Nigiri Omakase special creation. Da gustare rigorosamente con le
mani, su questo lo chef non accetta scuse, in una sequenza da destra a
sinistra. Un panno caldo e umido e pronti per una delle esperienze più
appaganti: calamaro sfrangiato condito con lime e sale cristallizzato; gambero
mazzancolla al vapore con maionese ai 3 crostacei; riso soffiato, salmone
scozzese con juku iso e erba cipollina; pesce berice, dalla carne dal sapore
intenso, scottato e accompagnato da shiso (basilico giapponese) e salsa
fermentata in casa con jalapeño e bergamotto. “Un crescendo di intensità –
spiega lo chef – che si conclude col tonno in salsa di soia fatta in casa,
l’umami perfetto”. Tra un boccone e l’altro, un pizzico di zenzero fresco. Un piatto perfetto che non ha bisogno di salsa di accompagnamento
perché bilanciato ed equilibrato.
Ma per concludere l’esperienza, ecco il piatto cotto, presentato dallo chef di
cucina Mingdon Huang: triglia di scoglio con
yuba. Lo yuba, o pelle di soia, è la cagliata di soia che, asciugata e lavorata
come piccole chips e condita con miso e jalapeño copre la
triglia al cui interno una foglia di basilico giapponese dà freschezza e
aromaticità.
Un percorso di degustazione che soddisfa la curiosità di chi si avvicina per la prima volta alla cucina giapponese e di chi, essendone amante, sa bene come gustarne l’armonia di sapori e consistenze, l’equilibrio di intensità diverse, che non stanca ma invita a continuare. E se non si è appagati c’è ancora il dolce ma non aspettatevi il solito dessert. Da provare i Mochi, dolci di riso con cuore di gelato, passion fruit, cioccolato e cocco, tè verde Matcha.
“I nostri clienti sono persone di tutte le età – afferma Jin Yue Hu – alcuni di loro ci seguono da molto tempo, venivano da bambini e oggi portano i loro figli. È una grande soddisfazione quando tornano. Vuol dire che ci hanno capiti: la cucina deve richiamare il pensiero, le esperienze, il vissuto e le emozioni dello chef e della sua brigata; attraverso la cucina non si esprime solo un piatto ma un’emozione, una sensazione, un pezzo di storia. Dobbiamo tramettere come nasce il piatto, il perché del suo nome, la tecnica. Dobbiamo dare un’anima al piatto: quando nasce un piatto nasce una storia”.
La scarpetta - trilogia di tonno rosso in tartare, con salsa su-miso e chips di alga nori
Ricciola amaebi e arancia rossa con salsa passion fruit e kumquat (mandarino cinese)
in copertina: Nigiri Omakase special creation