La pasta, il mare e la plastica di Gianfranco Pascucci

by Marina Caccialanza

Pasta e mare, binomio perfetto. Quante ricette conosciamo che abbinano la pasta e il pesce, i frutti di mare o i crostacei? Un patrimonio culinario enorme, dal classico spaghetto con le vongole fino a preparazioni più complesse e creative.  

Ma la plastica cosa c’entra?

L’ho scoperto ascoltando il racconto di Gianfranco Pascucci, chef romano - anzi di Fiumicino – che nel suo ristorante Pascucci al Porticciolo interpreta il mare in maniera sublime, cucina la pasta a regola d’arte e aggiunge quel tocco di storytelling che rende l’esperienza affascinante.

Si chiama Mare di Plastica ed è il piatto che lo chef ha creato in occasione di una “puntata” dell’infinito serial Identità di Pasta che ogni mese il pastificio Felicetti e Identità Golose Milano Hub ci offrono per raccontarci il mondo della cucina di pasta.

Spaghetti al nero di seppia: niente di nuovo. Agli spaghetti si abbina un totanello cotto a vapore, tenero e burroso. Già comincia a incuriosirci. Il nero di seppia fresco va a comporre, insieme agli scarti della seppia, un infuso dove cuocere la pasta che poi si unisce a una crema formata di burro e tentacoli di seppia essiccati e frullati, limone, pepe rosa e anice stellato. La faccenda si fa interessante.

È il mare che trionfa; questa non è cucina di pesce ma cucina di mare.

“Ogni piccola parte di un pesce può e deve essere utilizzata – racconta chef Pascucci mentre si esibisce ai fornelli come se suonasse il piano – perché ogni singolo pezzo ha un compito, uno scopo, un sapore che insieme formano l’armonia del piatto. Non c’è differenza con la carne, si utilizza tutto.  Non dimentichiamo che la materia prima costa molto ed è nostro dovere imparare a sfruttarla completamente e nel modo giusto. Il compito di un cuoco è anche questo. Così come scegliere il formato di pasta più adatto, il tipo di cottura e gli ingredienti migliori per ottenere il risultato voluto. Come in questo caso il burro, che ammorbidisce la carica marina della seppia, lucida il nero e trattiene l’aroma del mare con delicatezza”.

Una lezione di buon senso e di competenza. Insomma, ci suggerisce Gianfranco Pascucci, cucinare è un atto di conoscenza, di responsabilità civile e d’amore per ciò che la natura ci ha donato.

Ma la plastica? Racconta Pascucci: “Quando ero bambino, giocavo sulla spiaggia di Fiumicino con gli amici. In quegli anni le onde portavano a riva tanti oggetti, cose perdute in mare, e tra essi c’erano spesso legnetti, tappi di bottiglia, sacchetti di plastica colorati. Per noi bambini erano come regali che il fondale ci portava, ne eravamo affascinati. Oggi la plastica ha un altro significato che ci costringe a riflettere sul senso delle nostre azioni, ci invita a non invadere il mare distruggendolo. Allora ho pensato di dare un’indicazione: sulla cima degli spaghetti, il sottile foglio di “plastica” ci ricorda che il rispetto per il mare, la terra e i frutti che ci offrono deve essere totale. Avere cura degli ingredienti, delle persone e dell’ambiente sono la stessa cosa e vuol dire prendersi cura di noi stessi e di coloro che verranno”.  

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