Pasta al sugo, sì ma quale?

by Marina Caccialanza


Il piatto di pasta più famoso nel mondo sono gli spaghetti al pomodoro; e se la ricetta viene spesso attribuita alla tradizione del sud Italia, è lecito ricordare che fu un piemontese, Francesco Cirio che, nel 1866, ebbe l’intuizione di applicare su scala industriale il metodo di conservazione dei prodotti vegetali per mezzo della sterilizzazione a caldo, dando origine alla conserva di pomodoro.

Eppure, se la salsa di pomodoro è il condimento più diffuso per servire la pasta, cibo nazionale per eccellenza, esistono nella tradizione culinaria italiana infinite varianti, in base al territorio, secondo usanze, disponibilità e gusti. Alla base i grassi, burro e olio, ma anche lardo e strutto, e aromi. Carni e pesci, ortaggi vari, seguono e completano il ventaglio di possibilità che un cuoco si trova a comporre quando decide di creare un sugo, perché qualunque esso sia, è l’accompagnamento ideale per la pasta di grano duro. E la pasta, si sa, è il cibo prediletto.

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tajarin al tartufo

L’influenza del territorio e delle sue usanze è fondamentale. Se oggi abbiamo a disposizione materie prime e ingredienti provenienti da tutto il mondo, un tempo si attingeva, per necessità, alla disponibilità locale e le ricette erano espressione del luogo e dei suoi frutti. Ne è un esempio l’abitudine ligure di condire le paste con noci, nocciole, mandorle, di cui troviamo traccia nei ricettari del trecento/quattrocento: la salsa di noci serviva per condire spaghetti, linguine, tagliatelle e trenette, e pare che il pesto possa esserne l’evoluzione, un modo per utilizzare quell’erba che in Liguria si coltiva e cresce ovunque.

È lo stesso principio che dà origine ai succulenti sughi emiliani: dalla povertà di un tempo, la massaia ha creato un arricchimento; ha imparato a recuperare gli avanzi legandoli con un condimento e ne ha fatto un piatto nuovo. Per questo ogni famiglia ha la sua ricetta del ragù: cipolla di base, erbe dell’orto, ritagli di carni miste – bianche e rosse – e il pomodoro, talvolta funghi, piselli. L’Artusi non ne fa cenno nella sua opera, forse indeciso su quale scegliere; per questo nel 1982 l’Accademia Italiana della Cucina decise di depositare la ricetta tradizionale bolognese. Per questo esistono versioni diverse in molte regioni italiane, dal ragù alla napoletana con la carne cotta intera per insaporire il sugo che servirà da condimento ai ragù toscani o umbri con cacciagione, rigaglie, quello barese con carne di cavallo, con salsicce di maiale; due elementi restano di base: il soffritto e la cottura lenta e prolungata.

Accanto ai sughi di carne, non dimentichiamo quelli con i pesci. L’abbondanza di pesci conservati sotto sale, hanno ispirato sughi divenuti iconici come condimento della pasta: i bigoli in salsa veneti, i pici con l’acciugata toscani, lo stoccafisso per il vincisgrassi marchigiano. Tra i tanti piatti classici della cucina di pesce, gli spaghetti con le vongole, di cui ogni regione ha la sua versione più o meno ricca ma sempre basata sulla freschezza della materia prima.

Le verdure, d’altro canto, offrono alle ricette regionali un tocco speciale, pensiamo alla pasta alla Norma, alle orecchiette con cime di rapa, ai maccheroni “al ferretto” conditi coi peperoni “cruschi”.


spaghetti al burro e lieviti del vino Mattia Baronijpg

spaghetto al burro e lieviti del vino

Oggi, sembrano essere la contaminazione tra materie prime, la tecnica e l’etica, le basi del successo di ricette innovative dove carne e pesce convivono, oppure dove prodotti meno convenzionali sono protagonisti, elaborati secondo una visione contemporanea della cucina che trasforma un piatto di “semplice” pasta in qualcosa di straordinario; sono piatti che trovano nella ricerca scientifica e nella moderna tecnologia la loro espressione migliore in diversi contesti; traggono l’ispirazione da una visione nuova e rivoluzionaria della cucina, con modalità più o meno semplici: il nuovissimo bistrot riminese di Roberto Rinaldini, per esempio, serve una classicissima pasta alla carbonara, però la crema di pecorino è preparata a bassa temperatura; interessante lo “spaghetto al burro e lieviti del vino” ideato da Mattia Baroni, chef del Bad Shörgau, dove alla cottura della pasta si abbina un condimento realizzato con un’elaborazione gastronomica fermentativa dei lieviti rimasti nelle vasche di Schiava - un garum di latticello e polvere di lieviti - niente sale, niente burro “vero” ma scienza che diventa gusto ed esperienza; zero sprechi per Michele Lazzarini, Contrada Bricconi, che porta in tavola  uno spaghetto freddo con grasso di trota e acqua di rabarbaro. L’elenco sarebbe infinito.
È la nuova frontiera della cucina. Punta a migliorare la percezione organolettica, ad alleggerire il carico lipidico e calorico, a incontrare il favore di un consumatore attento alla salubrità degli alimenti e alla sostenibilità della lavorazione.




pubblicato su salaecucina.it