Pizzeria Chicco, orgoglio toscano

by Marina Caccialanza


Nel mio lavoro, parlo con tanta gente, e ascolto le loro storie. Sono tutte interessanti e ne conservo il ricordo anche dopo che il racconto è comparso sulle riviste con le quali collaboro. Difficilmente li incontro di persona perché l’Italia è grande.
Qualche volta capita, e allora è un vero piacere dare un volto, riconoscere la personalità, instaurare un contatto che non è solo intellettuale ma concreto.
È capitato, proprio ieri, con Stefano Canosci, straordinario interprete della pizza moderna e mi fa piacere, pertanto, condividere nuovamente l’articolo scritto lo scorso febbraio per sala&cucina.


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La pizza gourmet di Stefano Canosci è un connubio di territorialità, esperienza e voglia di crescere. La professionalità è frutto di studio e ragionamento e, alla base, passione per la cultura del cibo

Pizzeria Chicco nasce 11 anni fa, dopo un lungo percorso di apprendimento che, per Stefano Canosci, inizia all’età di 16 anni come barman, passa attraverso l’esperienza formativa nell’alta ristorazione tra la sala e la cucina di Antonello Colonna, a Roma, e nella ristorazione d’hotel delle migliori strutture della Toscana.

La Toscana, luogo natio di Stefano, fa da scenario a una storia professionale che ruota intorno a una profonda voglia di conoscenza: “Ho sempre desiderato aprire una mia attività – racconta Stefano Canosci – e ho colto ogni occasione che mi si è presentata per aprire la mia mente e imparare tutto ciò che potevo sul mondo della cucina e della sala, per avere una visuale il più possibile completa e trovare la mia strada. Gli anni trascorsi nel ristorante stellato di Antonello Colonna sono stati fondamentali e mi sono appassionato alla cucina. Lavoravo in sala ma grazie al suo metodo capillare di formazione, di cui gli sarò sempre grato, ho potuto conoscere ogni dettaglio del mondo della ristorazione. L’esperienza in hotel, poi, mi ha allargato gli orizzonti, finché sono venuto in contatto, per caso, con Giovanni Santarpia, pioniere della nuova corrente di pizzaioli toscani e ho capito che la pizza poteva offrire prospettive molto interessanti perché il mestiere di pizzaiolo, in evoluzione, sarebbe diventato, di lì a poco, significativo come quello di chef. Decisi di fare una scelta: oggi la pizza è la mia vocazione e ne sono orgoglioso”.


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Sempre in sala, dunque, ma con un occhio in cucina; questo il piccolo segreto di Stefano Canosci: studiare e imparare da coloro che già sanno. Sente la predisposizione a portare in tavola la storia della cucina, a instaurare un rapporto diretto con lo chef e farsene portavoce, poi interprete.

Da autodidatta, la sua pizza diventa ben presto iconica e identitaria. Studia i lievitati e mette le mani in pasta; si documenta sui libri dei maestri pizzaioli moderni, come Simone Padoan, approfondisce metodi e trova nuove versioni di impasto. È soprattutto Santarpia il suo modello e Stefano, seguendone l’esempio, trova il suo stile personale.

Nel 2014, la svolta definitiva. Pizzeria Chicco è già una realtà che inizia a farsi conoscere poi, un giorno, nel locale di Colle Val d’Elsa entra Luigi Cremona e Stefano prende parte al suo famoso concorso Pizza Chef Emergente. “Fu un’esperienza molto positiva – racconta – che confermò la mia passione per la pizza e mi spronò a continuare il mio lavoro di ricerca e conoscenza, capii che c’era tanto da fare in quel settore. Da lì fu un crescendo: il primo spicchio della guida Gambero Rosso fino a ottenere 3 spicchi nel 2020 e il premio Miglior Pizza d’Italia nel 2021. Oggi non faccio più cucina, solo pizza e ne vado orgoglioso”.

Che pizza realizza Stefano Canosci, da Chicco? Una pizza contemporanea, a lunga lievitazione, ottenuta da impasto prevalentemente diretto o con reimpasto, idratato al 70-75%, con farine 5 Stagioni, declinata in versione classica o con toppig personalizzati, ispirati ai prodotti del territorio in base a scelte ponderate e creatività ragionata. Non nascono per caso le varianti del menù ma sono frutto di esperienza e managerialità oltre che di maestria.

Spiega Stefano Canosci: “La mia pizza gourmet marinara all’aglione nasce da un’opportunità colta al volo: un amico in visita a Colle Val d’Elsa mi chiese di preparargli i pici all’aglione, specialità del luogo. Di solito non faccio cucina ma per lui preparai il famoso piatto. Rimase in pentola un po’ di sugo e nel fare scarpetta pensai: perché non fare una pizza all’aglione? Il giorno dopo venne un ispettore del Gambero Rosso e gli feci assaggiare il mio nuovo esperimento. Un successo, divenne pizza dell’anno nella categoria pizze all’italiana secondo la guida del Gambero Rosso – Pizzerie d’Italia 2020. Un’altra pizza molto richiesta dalla clientela è l’Impestata: prezzemolo, pesto di aglio, filetti d’acciughe di Sciacca, oliva taggiasca e cappero. In carta ci sono pizze classiche ma oggi la gente vuole sperimentare nuovi sapori, cerca il territorio e io lo interpreto in modo da valorizzarne le peculiarità, ne racconto la storia, che è anche la mia”.

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Stefano Canosci annuncia che presto ci saranno novità. “Non ci fermiamo mai, seguendo una filosofia che punta a valorizzare la peculiarità territoriale toscana con metodo e ragionamento. Facciamo pizze al piatto, non menù degustazione: il segreto è inserire un solo prodotto importante, come il salame di cinghiale o la finocchiona o il lardo di Cinta Senese, per esempio, senza interagire con altre specialità perché questo porterebbe a costi esorbitanti. Non possiamo far pagare 20 euro una pizza al piatto, pertanto cerchiamo di equilibrare il rapporto specialità/prezzo puntando su un topping che abbia un solo prodotto tipico locale. Se uso il lardo di Cinta Senese, non lo metto in concorrenza con un altro prodotto, è lui il protagonista. Questo porta due vantaggi: identità del prodotto/piatto, equilibrio dei costi”. Il ragionamento non fa una piega: il cliente moderno è informato, attento, dotato di una buona cultura gastronomica e cerca il meglio; i prezzi, però, sono ovunque in aumento e, conclude Stefano: “Sarà una grande sfida per noi ristoratori, soprattutto al nord dove la pizza non è solo un cibo di strada o popolare e i prezzi sono più alti; dovremo essere bravi a dare un ottimo prodotto senza far spendere troppo. Alla fine, bisogna accontentare tutti”.