Azzurro come un’acciuga

by Marina Caccialanza

Ricco di sali minerali e vitamine, altamente digeribile e masticabile. Il pesce azzurro, abbondante, economico e diffuso, soddisfa per il suo valore nutrizionale e le carni gustose.

Possiede tante virtù, eppure, spesso è sottovalutato nelle scelte dei consumatori e degli operatori della ristorazione che prediligono specie più pregiate, magari scarse nei nostri mari e pertanto importate.

Tra le specie di pesce azzurro disponibili nei nostri mercati ittici – acciughe, sardine, sgombri, aguglie – l’acciuga o alice spicca, ideale sia per preparazioni culinarie sia per la conservazione, protagonista di innumerevoli piatti della cucina popolare.

L’acciuga è un pesce azzurro di piccole dimensioni, da 8 a 20 cm di lunghezza, e appartiene alla famiglia degli Engraulidi (Engraulis Encrasicolus), diffusa nel Mediterraneo, nell’Oceano Atlantico e nel Mare del Nord. Vive in banchi nelle profondità marine e si avvicina alla costa nel periodo riproduttivo che va da marzo ad agosto, quando viene pescata. Le sue larve, chiamate bianchetti, sono state utilizzate come una prelibatezza per molto tempo, soprattutto nella cucina ligure (gianchetti), marchigiana (nudini), campana (janculilli) e siciliana (sfigghiata), fritte o lessate e condite con olio e sale. Dal 2006, per tutelare la specie, la pesca dei bianchetti è vietata dal Regolamento europeo n. 1967/2006, che ne vieta non solo la pesca ma anche la detenzione a bordo, lo sbarco, il trasporto e la commercializzazione.

L’acciuga si distingue da altri pesci della stessa specie per la forma allungata, il muso prominente e acuto, la mascella inferiore molto più corta di quella superiore e per il colore del dorso che va dall’azzurro al grigio e contrasta col bianco lucente del ventre privo di squame.

Le varietà di acciuga sono differenti tra loro per caratteristiche morfologiche. Le acciughe del Mediterraneo, sono diverse se pescate nel Tirreno o nell’Adriatico: quelle dell’Adriatico sono più grasse e crescono più velocemente grazie all’abbondanza di plancton portato dai numerosi fiumi che vi sfociano e sono adatte anche al consumo fresco; quelle del Tirreno, piccole, sono più idonee alla conservazione. Caso a parte per le acciughe pescate nel mar Cantabrico, l’oceano di fronte alle coste settentrionali spagnole. Tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del novecento, i pescatori siciliani che battevano quei mari si accorsero che i loro colleghi spagnoli pescavano acciughe di dimensioni molto grandi. Le acciughe del Cantabrico sono più carnose, la carne è, infatti, più spessa a causa della freddezza del mare che le costringe a muoversi ininterrottamente.

Le carni delle acciughe sono semigrasse; molto saporite, si prestano a preparazioni diverse ma, essendo particolarmente deperibili, se non consumate freschissime devono essere conservate eviscerate sott’olio o sotto sale con tecniche industriali specializzate di origine artigianale antica.

Le acciughe fresche si possono utilizzare in molti modi: semplicemente per dei tortini al forno, ricoperte di mollica di pane ed erbe aromatiche; diventano elemento saporito per un fritto misto.

Un modo per gustare le acciughe freschissime è la marinatura che permette di apprezzarne i valori e al tempo stesso conservarle: pulite e diliscate si dispongono in un contenitore con aromi come aglio e timo e si ricoprono di aceto per almeno 3 ore; sgocciolate si ripongono in un barattolo di vetro ricoperte di olio di oliva.
Con le acciughe sotto sale si condisce la pasta: dissalate e stemperate con olio di oliva e ricoperte di mollica saltata, come si fa in molte regioni del sud Italia, oppure sciolte nel burro a formare una crema morbida per preparare i tipici, veneziani, “bigoli in salsa”. Inutile ricordare come siano elemento basilare in pizzeria dove entrano nella decorazione della pizza, dalla classica napoletana a pizze gourmet.

Le acciughe conservate, le troviamo in numerose ricette tipiche regionali: in Piemonte nella preparazione della bagna cauda e del bagnèt verde; in Emilia Romagna si uniscono alla salsa verde che accompagna i bolliti; in Liguria, salate sciolte in olio d’oliva tiepido formano l’acciugata, una salsa di accompagnamento alle uova sode, per condire le patate lessate o verdure e pesci lessi.

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PACCHERI CON SPUMA DI ROMANESCO, OLIVE, PEPE NERO E ACCIUGHE DEL CANTABRICO ricetta di Andrea Cuomo per Orogel


Deriva dalle acciughe la colatura d’alici, una specialità antica entrata a pieno titolo nelle ricette moderne e utilizzata anche per la preparazione di piatti creativi. La colatura di alici è un prodotto agroalimentare tradizionale campano ed è una sorta di salsa liquida trasparente, dal colore giallo-ambrato e brillante, ottenuta lasciando maturare le alici in una soluzione composta da sale e acqua, attraverso un processo lentissimo e molto accurato. È tipica della città di Cetara, situata nella Costiera Amalfitana. La ricetta sembra derivi dall’antico garum dei romani, un condimento usato per insaporire i cibi. Il liquido ottenuto e filtrato ha un sapore particolarmente intenso e si usa versato a cucchiaini o a gocce; è in particolar modo indicato sulle verdure o sulla pasta.


Tutte le acciughe sono buone; a seconda della preparazione che si desidera realizzare, alcune sono più indicate. È evidente che, per ottenere una resa ottimale del piatto, occorre trovare il giusto equilibrio tra il prezzo della materia prima e il quantitativo necessario a comporre la ricetta in maniera soddisfacente. Il gusto e la qualità concorrono a ottenere il risultato finale.

Le acciughe pescate nei mari italiani sono, in genere, piccole ma molto saporite; si utilizzano prevalentemente, come già abbiamo citato, nella cucina regionale. L’acciuga del Tigullio e delle 5 Terre in Liguria – un tempo chiamata pan du mâ (pane del mare) – fresca è impiegata per piatti della tradizione, cibo di strada e sfiziosità. Allo stesso modo, le acciughe campane, come quelle di menaica nel Cilento, presidio Slow Food, o quelle di Cetara sono particolarmente pregiate ma, probabilmente, scarse per soddisfare la richiesta della ristorazione.

Sono più abbondanti le acciughe che si pescano nel delta del Po, tutto l’anno; ideali per la conservazione anche in pasta e impiegate nell’industria conserviera e nella cucina regionale.

Impareggiabile, però, il livello qualitativo delle già citate acciughe del Cantabrico, superiori come resa per le loro dimensioni, che offrono interpretazioni versatili e, probabilmente, più semplici all’impiego proprio per la carnosità del filetto oltre che predilette per la gradevolezza al gusto delicato, per la morbidezza delle carni al palato. Sono pesci garantiti anche dalle normative che ne regolano la pesca ed evitano lo sfruttamento eccessivo del mare.

Le acciughe del Cantabrico, è evidente, hanno un costo superiore alla media mediterranea ma, la resa in food cost e in appetibilità, supera le criticità.
Rimane da valutare il valore etico oltre che organolettico dell’utilizzo di acciughe nostrane: basterebbe attingere alla cultura culinaria tradizionale e imparare a valorizzarle.