Di cibo, cucina, distillati e territorio

by Marina Caccialanza

Un giorno, qualche tempo fa, ho pranzato da un amico. Niente di strano, però è stato un pasto speciale, ho imparato molte cose e ho gustato piatti per me inediti.

Certo, non ero a casa di un amico qualunque; ero in un luogo che si chiama Essen (in tedesco mangiare) e la tavola era allestita nella cucina studio di Stefano Cavada a Brescia.

Cuoco, youtuber, volto noto alla tv e adesso anche scrittore, Stefano rappresenta quella cucina giovane e innovativa che nasce però dalla tradizione, da solide basi tecniche e che, senza voli pindarici incomprensibili, accontenta i palati più raffinati; quelli di coloro che amano gustare piatti goduriosi o di chi preferisce uno stile sobrio. Insomma, Stefano Cavada, è un cuoco per tutte le stagioni perché è capace di interpretare con eleganza il piacere del cibo dando valore alla materia prima, lasciando identità ai sapori, rispettandone la natura.

A mio parere, non è per tutti: occorre sensibilità oltre che competenza.

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Stefano Cavada

Quel giorno, da Essen, l’impresa non era facile. Il menu doveva essere studiato per accompagnare, esaltare, comprendere un ingrediente molto difficile e insolito: la Grappa.

La Grappa del Trentino è una specialità garantita da un Istituto di Tutela, è un distillato che rappresenta un territorio, un pezzo di storia. I produttori che possono esporre sulle loro bottiglie il marchio della Grappa del Trentino – il caratteristico tridente – devono sottoporre la loro grappa, accompagnata dai relativi documenti attestanti l’origine, al controllo del laboratorio d’analisi dell’Istituto Agrario San Michele all’Adige.

Solo dopo che l’esame ha dato esito positivo il campione di Grappa passa alla Camera di Commercio di Trento che ne verifica la qualità organolettica: è questo esame che controlla la limpidezza, l’armonia dei profumi, la morbidezza e la tipicità del gusto, ad assegnare al distillato il Marchio che fa la differenza.

La qualità della Grappa trentina è frutto di 3 fattori, principalmente: la bravura del distillatore, e su questo non si discute; la qualità dei terreni dove la vite viene coltivata, con i diversi microclimi e l’escursione termica che permettono la crescita di uve ricche di acidi, profumi e aromi e, infine, la dimensione delle distillerie. Sono piccole. A conduzione familiare. Lavorano a bagnomaria modeste quantità di vinaccia e sono in grado di distillare tutta la vinaccia necessaria quando è fresca e profumata, senza tempi d’attesa che generano fermentazioni. 

Torniamo al pranzo; valorizzare in cucina un ingrediente così particolare come la grappa non è semplice, anche per un cuoco altoatesino che a grappa è cresciuto e ne conosce pregi e difficoltà.

Dall’entrée al dessert la grappa è stata la protagonista con discrezione, raffinatezza e quel tocco di personalità che ci voleva.

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fagottino zucca e taleggio

Un fagottino di pasta fillo ripieno di zucca e taleggio su crema di castagne ha aperto le danze; il valzer l’ha intonato il risotto alla Grappa di Moscato con tartare di gambero rosso di Mazara; per continuare volteggiando, spezzatino di maiale alla Grappa stravecchia e puré di sedano rapa da assaporare intensamente e, per finire con un volteggio, Kaiserschmarren con confettura di ribes rosso e crema di marroni.

Il tutto, ovviamente, centellinando il pregiato distillato in una sinfonia armonica di diverse uve, aromatizzazioni e invecchiamenti.  

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risotto alla Grappa di Moscato

Esperimento riuscito, se qualcuno avesse ancora qualche riserva sull’opportunità della grappa a tavola, dovrà ricredersi. Equilibrio e giusta dose possono attribuire a un piatto o a un intero menu la personalità di un tocco d’alta classe. L’ingrediente grappa può fare la differenza, deve solo essere di ottima qualità e impiegato con le giuste misure.

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E per una degustazione ottimale, ecco i consigli che ci ha dato il Presidente dell’Istituto di Tutela Grappa Trentina Mirko Scarabello:

1.     Il bicchiere è elemento fondamentale per servirla bene e sentirne gli aromi. Deve essere di vetro sottile, leggermente panciuto e con bocca stretta, ma non troppo. Ideale è il bicchiere in commercio col nome “mezzotulipano”.

2.     L’esame del colore farà particolarmente apprezzare la limpidezza e la purezza della grappa e, nel caso di grappe invecchiate o aromatizzate, esalterà le diverse tonalità e sfumature.

3.     La fase olfattiva è la più importante. Con un po’ di pazienza si impara facilmente a riconoscere e apprezzare la finezza, la quantità e la qualità dei profumi.

4.     La fase degustativa è il momento magico. La grappa va bevuta a sorsi piccolissimi e, una volta in bocca, diluita con la saliva, si schiaccia con calma con la lingua contro il palato in modo da consentire lo sprigionarsi dei profumi che devono poi trovare conferma nel retrogusto. In bocca apprezzeremo l’armonia e la persistenza dell’aroma.

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Mirko Scarabello