Ecco il MIO gelato
“Quello che fa la differenza tra un gelato qualunque e un
gelato di successo non è l’esecuzione pratica del prodotto ma il percorso che
precede l’esecuzione e ne determina l’identità e la personalizzazione”.
Maurizio Poloni, maestro gelatiere e titolare insieme alla moglie Antonella
Olivieri di Artico, tre gelaterie artigianali a Milano premiate con tre coni
dal Gambero Rosso e una scuola di formazione artigianale, non ha dubbi in
proposito: “Se vuoi realizzare un gelato artigianale che conquisti i palati più
esigenti e raffinati devi progettarlo secondo un percorso ben delineato; devi
pensarlo, dotarti degli strumenti idonei, eseguire la ricetta secondo i
parametri corretti ma, all’interno di questo schema, lo devi personalizzare:
deve essere il tuo gelato, diverso da tutti gli altri per quei particolari organolettici
che lo differenziano da un prodotto standardizzato e che derivano da un
percorso formativo originato dall’esperienza di tutti i gelatieri artigiani che
negli anni ne hanno definito la parte tecnica. Non può essere la replica della ricetta
tramandata dal nonno o dal maestro di turno, deve essere la tua ricetta”.
Quando si parla di gelato artigianale della tradizione
italiana occorre tenere presente che il prodotto deve possedere determinati parametri,
ben noti, che rispondono a limiti minimi e massimi e che riguardano gli
zuccheri, i solidi totali, il rapporto acqua/solidi; sono parametri che parlano
di poteri congelanti sviluppati dalle materie prime utilizzate; rappresentano una
sorta di disciplinare mai scritto: “Non esiste un protocollo – afferma Poloni –
ma ci siamo dati delle regole dettate dall’esperienza dei grandi maestri
italiani, primo fra tutti Luca Caviezel che negli anni settanta ne ha redatto
le linee guida: il gelato artigianale di tradizione italiana ha un minimo di
grassi del 4% e un massimo del 12%; gli zuccheri viaggiano tra il 14 e il 22%;
il rapporto tra solidi e acqua oscilla tra il 32 e il 42%. È all’interno di
questo range ben definito che ognuno sviluppa il suo gelato”.
È matematica che diventa arte: un buon gelato è frutto sì di fantasia,
creatività, di gusto della memoria, di quello che ci piace, ma si fonda su un corretto
bilanciamento tecnico degli ingredienti. Tecnica e estro creativo devono
armonizzare per ottenere quell’equilibrio unico e personale che determina
l’identità del gelato, ma non del gelato tout court, del tuo gelato.
Continua Maurizio Poloni nella sua narrazione del gelato artigianale: “Il
gelato che ci piace è quello che andiamo a tramandare. Da un punto di vista
tecnico la prima cosa che facciamo, secondo un percorso formativo ideale, che è
poi il metodo di apprendimento che applichiamo da Artico, è la conoscenza delle
materie prime: senza conoscere le materie prime e come influiscono con le loro
caratteristiche sul risultato, difficilmente riusciremo a ottenere il corretto
bilanciamento. Si comincia col latte, la panna e i derivati; per esempio
imparando che è importante utilizzare il latte in polvere perché apporta un
maggior contenuto di proteine all’interno del prodotto e queste servono a
stabilizzarlo e strutturare meglio il gelato inglobando l’aria. Sono elementi
fondamentali, sono le basi che il maestro Caviezel ha sviluppato come tecnica
di bilanciamento nei primi corsi di formazione molti anni fa al Capac di Milano”.
Maurizio Poloni
Nulla si improvvisa, dunque, con
queste basi ben chiare si procede: si otterrà un gelato ad alta digeribilità,
che non deve appesantire, che può essere un ottimo fine pasto e che può
diventare un dessert unico nel momento in cui ne definiamo l’identità
aggiungendo quel tocco personale che non può mancare, per esempio utilizzando
le eccellenze di cui il nostro Paese è così ricco, che meritano di essere
valorizzate e aggiungono valore al prodotto finito.
Un gelato artigianale ben costruito, dunque, frutto
di studio e che si riconosce dall’aspetto, dalla presentazione, dalla
freschezza, in base a considerazioni oggettive e soggettive.
Per oggettive si intendono spatolabilità e consistenza; per soggettive,
naturalmente il gusto che deriva anche dalla territorialità degli ingredienti
utilizzati e dalle tradizioni culinarie.
Per Maurizio Poloni gli ingredienti che danno più soddisfazione e arricchiscono
ogni proposta di gelateria sono il Pistacchio di Bronte e il cioccolato per il
cui utilizzo è particolarmente noto: il suo appuntamento “chocolate show” che
si svolge ogni anno a Milano presso la sua gelateria storica di via
Lambertenghi è diventato imperdibile per i milanesi e non solo. In questa occasione
proporrà una novità: un fondente aromatizzato,
servito in abbinamento con il Gin Primo di Premiata Officina Lugaresi, con
apposita pipetta e zucchero frizzante per ricreare l’effervescenza del gin and
tonic tramite il gelato: una connessione tra il mondo della gelateria e quello
della miscelazione e del bar.
Antonella Olivieri
Si parte dalla materia prima e la si scompone, perché il
latte non è solo latte ma è acqua per l’88%, solidi per il 12%, e poi grassi,
lattosio ecc. “La prima settimana di corso – spiega Poloni – serve a esaminare
i diversi elementi e imparare a comporre una tabella di bilanciamento: si fanno
i conti. Infatti, la miscela di base altro non è se non un calcolo. Ma il
gelato deve essere anche contestualizzato, e dopo aver chiarito i parametri di
bilanciamento dobbiamo sempre ricordare che non è un’entità fine a se stessa ma
fa parte di un contesto. Il secondo passaggio, dunque, serve a inquadrare il
posizionamento del gelato.
In vetrina possiamo avere tanti gusti, ma l’unica cosa che li accomuna è la
temperatura di servizio.
Il messaggio che Maurizio Poloni e Antonella Olivieri lanciano è chiaro: chi
decide di produrre e servire gelato artigianale deve raggiungere un grado di autonomia
che gli permetta di offrire un prodotto dall’identità precisa, perfettamente
eseguito, secondo le tendenze alimentari e di mercato, che risponda alle
aspettative di chi lo consumerà.
“Fare un buon gelato richiede grande precisione – conclude Maurizio Poloni –
non si può affidarsi al caso perché ci sono dei limiti al di fuori dei quali,
che si lavori bene o male, non si può uscire. All’interno di questi limiti però
ci sono infiniti punti di gusto e sono questi punti che è importante
intercettare e interpretare; faranno la differenza e permetteranno di creare un
prodotto dall’identità definita in grado di essere contestualizzato secondo il
menù, la stagione, le usanze gastronomiche, e valorizzato. Un tempo l’artigiano
prendeva spunto dall’industria per realizzare i suoi prodotti, oggi è
l’industria che si ispira al prodotto artigianale: un motivo ci sarà”.