Gli oli sulla tavola, mise en place perfetta

by Marina Caccialanza


Un tempo era parte integrante della mise en place; l’oliera al centro del tavolo contribuiva al completamento del piatto fornendo il condimento necessario. Poi si è persa l’abitudine vuoi per il dilagare dei format fast food che del contenitore con salse e condimenti ha fatto quasi una bandiera impoverendone l’immagine, vuoi per l’usanza di servire in tavola il piatto già perfettamente condito, anzi, guai al commensale che osasse chiedere un’aggiunta, come fosse un’offesa allo chef.

Oggi, l’olio torna prepotentemente sulla tavola del ristorante ma lo fa in una veste rinnovata, con stile, con dignità. Almeno, questa è l’intenzione di ristoratori e produttori che desiderano comunicare e ridare a questo alimento – perché non è un semplice condimento – il ruolo che gli compete.

Il Forum Olio & Ristorazione, svoltosi a Milano grazie all’opera dell’oleologo Luigi Caricato, ideatore di Olio Officina Festival, ha puntato l’attenzione dei partecipanti proprio sull’importanza di proporre l’olio extravergine di oliva a tavola comunicandone correttamente le proprietà e valorizzandone l’impiego. Col contributo di illustri relatori, il forum ha analizzato i molteplici aspetti della questione tra cui il motivo per il quale nella maggior parte dei ristoranti l’olio consumato sia per il 90% anonimo olio di oliva da cottura, ben celato in cucina per uso esclusivo dei cuochi, e solo il 10% sia servito in tavola, spesso con indifferenza e solo dietro richiesta esplicita del cliente. La risposta è che da un lato manca in molti casi la conoscenza del prodotto da parte del personale di sala, ed è un problema culturale; dall’altro, che l’olio di qualità, abitualmente fornito gratuitamente al cliente, incide sul costo finale del pasto in maniera importante e resta ignorato per contenere le spese. Anche questo è un problema culturale: ciò che non si paga viene svalutato e come tale banalizzato.

Olio, è un termine generico; gli oli sono tanti e ognuno ha caratteristiche differenti che ne suggeriscono l’utilizzo e l’abbinamento. Sulla necessità di arricchire la dispensa dei consumatori educandoli all’utilizzo corretto secondo gli usi, i relatori si sono trovati concordi. L’olio aggiunge gusto e aroma ai piatti; può migliorare le caratteristiche delle diverse materie prime; aggiunge sapidità alle pietanze permettendo di ridurre l’apporto di sale aggiunto; la conoscenza del prodotto diventa impulso a innovare il comportamento di consumo, per questo motivo la formazione del personale di un ristorante dovrebbe comprendere le modalità di consumo e di conservazione del prodotto allo scopo di meglio impiegarlo e divulgarne i pregi al cliente.

Alcune testimonianze hanno dimostrato come la presenza di un olio di pregio sulla tavola del ristorante, o forse dovremmo dire di diversi oli di pregio proposti con un carrello di specialità, possa metter in luce le peculiarità di un piatto ben eseguito e migliorare l’immagine stessa del locale.  

L’innovazione preserva la tradizione

La chef Cristina Cerbi de l’Osteria di Fornio ha raccontato come nel suo ristorante, fortemente ancorato alla tradizione culinaria emiliana, l’utilizzo di olio extravergine in alternativa al burro in alcuni piatti, selezionato con cura e dosato meticolosamente, abbia dato origine a una vera rivoluzione gastronomica. Dove burro e strutto erano protagonisti indiscussi, per esempio i soffritti, un olio neutro e poco intenso è in grado di fungere da collante tra gli ingredienti alleggerendo il gusto e l’apporto di grassi pur mantenendo l’identità del piatto e la sua riconoscibilità, anzi, esaltandone le caratteristiche. Un esempio interessante, i suoi ravioli alla Giuseppe Verdi con culatello e asparagi che, serviti con olio extravergine ligure o lombardo, offrono all’assaggio un gusto netto e pulito, delicato e intenso al tempo stesso.  

La rivoluzione culturale esalta la qualità

Non sarà che noi italiani, abituati all’olio in cucina per retaggio storico e territoriale, ne sottovalutiamo il valore, lo diamo per scontato?

A questo interrogativo ha dato risposta Maurizio Bocchi, chef patron de La Locanda a Gisburn nel Regno Unito. Da 25 anni in Gran Bretagna, Bocchi ha rivoluzionato il modo di proporre la cucina italiana all’estero, sovente ripetitiva e banalizzata da materie prime spesso poco adatte.

Nel suo ristorante è norma proporre al cliente l’assaggio e coinvolgerlo illustrando le peculiarità del menu dove l’olio è al centro, dal cocktail al dessert. In maniera divertente, salutare e innovativa il commensale si trova coinvolto in un menu tutto da scoprire col quale Bocchi mette in pratica una vera e propria opera di formazione per clienti e colleghi ristoratori che vogliano partecipare. Un modo per far comprendere che la cucina italiana è fatta di prodotti eccellenti, di offrire la percezione di genuino che solo gustando un alimento in purezza si può sperimentare. Il vassoio col pane fatto in casa e l’olio – almeno 12 diversi oli – è il modo in cui Maurizio Bocchi stimola la curiosità del cliente inglese, lo invita a mettersi in gioco per conoscere la cucina italiana, quella vera. Uno dei suoi segreti è saper integrare la cucina italiana col territorio che lo ospita e renderla comprensibile e fruibile mantenendone l’identità. L’olio è un elemento prezioso in questo processo di assimilazione del gusto.  

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L’identità in tavola attraverso il territorio

Percorso simile, quello intrapreso da Vincenzo Butticé, chef patron del ristorante di famiglia Il Moro a Monza che ha recentemente dato avvio a un nuovo format trattoria/negozio, A’ Trattoria. La tradizione familiare dell’autoproduzione trova qui lo sbocco ideale: la logica è quella di proporre un servizio delivery e take away dei piatti disposti e creare una vetrina stabile per tutti i produttori che rispettano la filosofia dell'artigianalità e della filiera corta che contraddistingue il ristorante. L’olio in questo contesto si inserisce perfettamente in quanto rappresenta la firma dello chef che lo abbina e interpreta secondo le specificità del piatto proposto. Elemento della tavola che ha bisogno della conoscenza, la divulgazione delle sue caratteristiche raddoppia il gusto dell’assaggio, il cliente vive l’esperienza in modo consapevole e impara ad apprezzarne le caratteristiche. Membro attivo di APCI, Vincenzo Butticé coltiva grazie all’associazionismo la conoscenza dell’olio, come di ogni altra materia prima, attraverso la condivisione e il confronto tra appartenenti ai territori italiani in uno scambio di conoscenza che poi si esprime nel rapporto col cliente. Il legame tra la vendita del prodotto e la trasformazione cosmopolita diventa connessione e la firma dello chef al piatto indelebile.  

Competenza nella scelta per un utilizzo ad hoc

È in questo panorama che si inserisce uno dei punti chiave della questione: gli oli sono diversi, ognuno suggerisce usi e abbinamenti differenti. Sapere quale olio meglio di altri può esprimere in cucina le sue doti è importante per realizzare la ricetta corretta. Secondo questo principio Olitalia ha creato la linea I Dedicati, blend studiati apposta per ottenere il risultato ottimale con carne, pesce, verdure o pasta. La partecipazione di Olitalia al dibattito, moderato dal direttore di sala&cucina Luigi Franchi, ha evidenziato come l’olio, ingrediente naturale e soggetto a stagionalità e condizioni atmosferiche, se scientificamente miscelato, permetta allo chef di interpretare la cucina alle condizioni migliori esaltando il piatto, la materia prima e l’olio stesso.

Un approccio simile è auspicabile per l’aceto, ingrediente spesso sminuito che svolge un ruolo strategico nella mise en place e insieme a pepe, sale e spezie, accompagnati da un olio di qualità, rappresenta la sintesi perfetta della degustazione equilibrata.

Il giusto assortimento in cucina, dunque, una proposta consapevole in sala e, oltre al cibo, la cultura di saper valorizzare quelle specialità di cui il nostro Paese può vantare l’eccellenza, come la straordinaria gamma degli oli extravergine di oliva.

 

pubblicato su sala&cucina di novembre 2020