Il Cappero alle Mura, per palati esigenti
Pugliese d’origine ma da
tempo stabilito in Emilia, a Castelvetro Modenese, Francesco Pedone è lo chef patron di un
ristorante molto speciale, di grande impatto e immagine ma soprattutto dove
vigono sostanza e passione per il gusto.
Chef di grande esperienza, equilibrio e buonsenso,
unisce all’imprenditorialità il genio culinario di chi tra i fornelli trascorre
la vita.
È un uomo concreto, chef Pedone, e dopo esperienze soddisfacenti e formative in hotel a molte stelle ha deciso di mettere a frutto la sua competenza e nel 2011 ha rilevato insieme a sua moglie Nunzia Il Cappero alle Mura.
Il luogo è magico, suggestivo e storico, all’interno delle mura di cinta della cittadina, un tempo gendarmeria del posto. Arrivarci di sera, tra le luci soffuse della strada che si riflettono sulle pietre dei muri intorno ai quali un tempo crescevano i capperi, sui rampicanti che le avvolgono come un mantello è semplicemente affascinante. Poi, quando si entra tra le stanze che conservano l’atmosfera antica e che Francesco e Nunzia hanno arredato con gusto ed eleganza, sembra di trovarsi sul set di un film di cappa e spada. Non manca la saletta speciale in cima alla torre, romantica, per cene al lume di candela e tête à tête degustativi: per un’occasione speciale.
È a questo punto che si compie la sorpresa. Una cucina moderna che non rinnega la tradizione. Una ricerca appassionata dell’ingrediente perfetto. Uno studio accurato e meticoloso per ogni particolare. L’accoglienza nel vero senso del termine.
Castelvetro Modenese è al centro delle
colline tosco-emiliane, non lontano dalla città ma immerso nell’atmosfera
agreste. Chi sono i clienti de Il Cappero alle Mura?
Vengono da molti luoghi, da
Milano o Brescia, da Bologna. Un po’ da tutte le località d’Italia da cui
Castelvetro è facilmente raggiungibile in un tempo ragionevole di percorso. Anche
molti stranieri che imparano a conoscerci e passano il consiglio ad amici e
conoscenti. Ci troviamo al centro dell’Emilia, punto strategico anche per un
turismo vario e costante. La clientela del posto è una piccola parte, cercano
piuttosto la trattoria alla buona mentre da noi l’ambiente elegante e la
proposta moderna si rivolgono a un utente di mente aperta. Abbiamo scelto di
offrire un’esperienza culinaria che desti interesse e di proporla con classe
per renderla ancora più indimenticabile.
70 coperti a pieno regime, 50 in media.
Quante persone lavorano in cucina?
Insieme a me ho tre validi
aiutanti e in più mia moglie Nunzia, che si occupa della gestione della sala,
si è assunta un incarico impegnativo: manipolare la pasta fresca. È lei la mano
di fata che uno a uno compone i nostri tortelli e ravioli, aggiusta la pasta e
la dispone per la cottura. È un lavoro delicato, tutto fatto a mano ma Nunzia
lo esegue con grande precisione.
ravioli al brasato al Lambrusco di scottona italiana al burro di malga ed erba cipollina
Veniamo al piatto forte, la carne. Che
ruolo ricopre nel menu del Cappero?
La carne ha una grande
importanza, almeno il 60% della proposta del cappero sono piatti a base carne. Il
mio menu comprende proposte fisse tutto l’anno ma soprattutto aggiornamenti in
base alla stagione. Infatti, 4 volte l’anno viene rinnovato e arricchito di
piatti nuovi ispirati alla stagionalità.
Nella tradizione emiliana, e
modenese in particolare, la carne è sempre stata protagonista e io, da buon
pugliese, conservo le usanze della tradizione tipica della mia terra; allo
stesso tempo sono appassionato di ricerca e studio delle materie prime, quindi
cerco sempre di unire tecniche e tendenze alimentari innovative con la memoria
storica dell’arte culinaria.
La
stagione invernale che stiamo attraversando cosa ti ha ispirato in particolare?
Nel menu di
quest’autunno/inverno entrano la faraona e il cinghiale, per esempio. La
selvaggina in generale è molto apprezzata dalle nostre parti. La faraona è un
animale di lunga tradizione emiliana, è una carne ben conosciuta dall’utente
modenese che è sempre ben disposto a consumarla. Io la propongo con una
lavorazione accurata: la coscia, disossata per favorire il consumo a tavola,
viene farcita con erbe di campo, pane, parmigiano e uovo e cotta in confit. Servita
intera, quindi, ma senza stinco tranne l’osso di attaccatura, viene abbinata
con funghi cardoncelli di provenienza pugliese. È un piatto molto ricco che
incontra i gusti della clientela. Anche il cinghiale piace, del resto siamo al
centro dell’appennino tosco-emilano dove i cinghiali sono da sempre popolazione
autoctona. Utilizzo parti di spalla e guancia cucinate in stracotto con
Lambrusco Grasparossa, tipico del luogo, abbinato con frutti di bosco e una
polentina bianca. Un piatto apparentemente rustico ma molto raffinato per
l’equilibrio dei gusti e degli abbinamenti. Mi piace giocare coi sapori.
Naturalmente le faraone sono allevate in zona e il cinghiale è certificato
appenninico.
coscia di faraona in confit con funghi cardoncelli e cappuccio rosso.
Quali altre carni utilizzi nel menu?
Non può mancare il manzo,
naturalmente. È una delle voci fisse tutto l’anno come filetto o controfiletto.
Mi piace molto cucinare anche l’agnello che considero una carne gustosa e molto
versatile. Utilizzo l’agnello gallese, più carnoso e saporito di quello
italiano, e lo cucino soprattutto alla brace, intero e scaloppato al momento
del servizio. L’agnello gallese ha una copertina particolare, un gusto deciso
ma non selvatico. Anche l’agnello da latte italiano è ottimo ma lo inserisco
solo all’interno di una grigliata mista perché ha poca carne, va bene per dare
sapore. Il maiale non manca di certo, siamo a Modena dopotutto. Nel menu di
questa stagione entra infatti un insaccato molto interessante: un cappello da
prete rivisitazione moderna del classico zampone con l’aggiunta della guancia
di maiale che lo rende più morbido e gelatinoso. È più delicato a livello di
collagene, morbido e gustoso.
Una cucina di sostanza e gusto, dunque,
con in più quel tocco di “scientificamente perfetto” che denota spessore. Come
concili tutto ciò con tendenze alimentari oggi spesso prepotenti?
Bisogna distinguere tra
tendenze alimentari dovute a esigenze di salute – intolleranze al lattosio o al
glutine per esempio per le quali mi sono ovviamente adeguato – e altre
aspirazioni dietetiche puramente dettate da opinioni e gusti personali. Questa
è la mia cucina, è sana e di altissima qualità. Coloro che non l’approvano
possono scegliere altri locali che oggi è molto semplice trovare con un clic
sullo smartphone. Non è né possibile né d’obbligo accontentare tutti. Il mondo
è pieno di alternative. Questa è la mia, quella de Il cappero alle Mura.
stracotto di cinghiale, polenta bianca e confettura di cavolo rosso caramellato
pubblicato su iMeat giornale dicembre 2019