Il riso, l’acqua e l’ingegno

by Marina Caccialanza

Gli antichi Romani non usano il riso per la loro alimentazione. Lo conoscono, tanto che Galeno, medico e scrittore, durante la peste di Roma del 166 d.C. lo usa come medicamento. Sono gli Spagnoli a diffonderne il consumo per primi quando, invasi dai Saraceni nel VII secolo, nel 1400 lo portano a Napoli.

Da lì il riso risale la penisola e a partire dalla seconda metà del ‘400 scopriamo che la sua coltivazione è ormai abbastanza estesa da aver bisogno di un Commissario Ducale – nominato dal Duca di Milano – che gestisca le risaie del lodigiano.

Piemonte, Veneto, Emilia; sfruttando le zone paludose o irrigue la coltivazione del riso diventa attività diffusa.

Nel 1700 in tutta la pianura padana si coltivano a riso 50.000 ettari di terra.

Ma l’ascesa del riso parte con la costruzione del Canale Cavour e nel 1870 sono 232.000 gli ettari coltivati.

Il risultato è una tradizione risicola profonda e radicata in un territorio straordinario nutrito dello spirito e dell’intraprendenza di uomini illuminati come Camillo Benso di Cavour.

Se nel 1863 egli non avesse dato il via alla costruzione della più grande opera di ingegneria idraulica dell’allora Regno di Sardegna, forse l’industria risicola del vercellese non avrebbe potuto sviluppare la sua aderenza al territorio. Niente riso, dunque, o forse poco o di qualità inferiore.

Tutto comincia quando Camillo, ventiduenne, viene mandato “in punizione” nella tenuta di Leri dal padre stanco delle sue intemperanze giovanili. Lì, invece di annoiarsi e rimpiangere le notti torinesi, il giovane rampollo comincia a studiare il luogo dove si trova e, forte degli studi intrapresi in Inghilterra, comincia a elaborare un piano per valorizzare l’agricoltura locale. Si accorge che l’irrigazione delle campagne non è efficiente; i canali sono maltenuti, mal connessi e mal gestiti; l’acqua costa molto e se ne spreca troppa.

Nasce l’idea di porre rimedio a questo disordine irriguo affidando ai proprietari dei beni rurali la gestione delle acque: Camillo Cavour, nel 1853, raccoglie 3500 firme (firme o croci poco importa) e crea l’Associazione d’Irrigazione dell’Agro all’Ovest Sesia – Consorzio d’Irrigazione privato di interesse pubblico.

Nel frattempo il destino mette sui suoi passi tale Francesco Rossi, agrimensore di professione e sognatore per vocazione, che gli espone la sua idea – geniale – di canalizzare il terreno sfruttando la confluenza dei fiumi Po e Dora Baltea. Il progetto non lo convince del tutto ma non se ne dimentica e in seguito con l’aiuto dell’ingegnere capo del regno di Sardegna Carlo Noé lo realizza.

Il canale Cavour fu scavato in mille giorni, cioè 2 anni e 9 mesi; dal 1 giugno 1863 al 12 aprile 1866; 82 chilometri di tracciato; 4 corsi d’acqua sottopassati e 4 attraversati con ponte canale.

Il Canale Cavour parte dal Po a Chivasso e segue una linea sud ovest/nord est. Canali, navigli, rogge che sfruttano ogni pendenza, l’acqua scivola, il sistema si riempie e si svuota, il giro è largo ma in mezzo ci sono tutte le terre del riso e vengono irrigate con un flusso perpetuo. Dal 1866 il canale viaggia per la pianura a 110 metri cubi al secondo.

Ecco, le risaie del vercellese, della Lomellina e del novarese possono sviluppare la coltivazione del riso senza doversi preoccupare (troppo) dell’acqua che grazie al Canale Cavour scorre e non si sottrae all’ambiente grazie al controllo sistemico applicato.

L’industria risicola piemontese è prospera e non è idroesigente!

Il sistema serve 4000 aziende su 80.000 ettari tra Vercelli, Biella, Alessandria e Torino. In questo distretto, il più importante a livello europeo, si coltivano le varietà più pregiate: Carnaroli, Baldo, Arborio e Venere.

E la cucina ringrazia.

Foto:  Gualtiero Marchesi (foto © Coimbra) e il risotto

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