Italiani a rapporto! Basta sprechi, usate il vostro “buonsenso”

by Marina Caccialanza


Oggi si chiama “lotta allo spreco”; ieri era solamente il risultato di un comportamento basato sul “buonsenso”.

Eh sì, perché oggi il vecchio e superato senso dell’opportunità o buonsenso, qualità che ognuno di noi dovrebbe essere in grado di esprimere attraverso un comportamento coerente con le diverse situazioni, pare sia in via di estinzione insieme al panda, alla foresta amazzonica e al pudore.

Certo la libertà di espressione è importante ed è una conquista civile fondamentale e sacrosanta, ma se è vero che ognuno ha il diritto di fare ciò che vuole, rimane il fatto che esistono quelle norme non scritte che sarebbe bene seguire, senza porsi troppe domande.

“Se hai freddo copriti”, oppure “non sostare sotto un abete quando c’è il temporale”, piuttosto che “guarda bene a destra e a sinistra prima di attraversare la strada (invece che aggiornare il tuo stato sui social col capo chino sullo smartphone)”…e così via. Sembrano sciocchezze, lo so. Eppure, sono lo specchio della società moderna, nella quale esiste un’app per ogni cosa e le persone comuni non hanno più la capacità di discernere secondo il loro istinto evidentemente offuscato. Tempo fa lessi sui post di un gruppo social l’appello accorato di una neomamma che chiedeva lumi su come individuare un’app che potesse aiutarla a scandire i ritmi della poppata del suo bambino perché da sola non sapeva come fare: che tenerezza! Da che mondo è mondo le mamme hanno allattato senza app, solo col loro istinto materno – magari hanno fatto un po’ di casino all’inizio ma i loro bambini sono vivi - solo col loro “buonsenso”.

In questi giorni in TV passa uno spot molto divertente (se non ci fosse da piangere) nel quale un noto attore invita a non usare il telefonino alla guida, pena una serie di disgrazie inverosimili ma efficaci. Si vede che gli spot drammatici su come si muore in auto quando ci si distrae non hanno avuto successo e ora si gioca la carta del cabaret. Ma la faccenda è seria.

Potrei continuare all’infinito ma vi ho già annoiato abbastanza, veniamo al dunque.

La FIPE, Federazione Italiana Pubblici Esercizi, ha stilato un decalogo per consigliare professionisti e comuni cittadini a non sprecare il cibo. 

Naturalmente è solo l’ultimo gradino di una lunga scala, destinata ad arrivare al milionesimo piano, lungo la quale il tema – importantissimo – della sostenibilità viene affrontato da più parti: la lotta alla plastica, i cambiamenti climatici, lo spreco alimentare eccetera eccetera.

Non voglio assolutamente sminuire l’argomento, né le buone intenzioni della FIPE, sempre “sul pezzo” ma, ritengo che il problema sia emerso solo perché, ormai da decenni e non stiamo ad analizzare il motivo, il BUONSENSO si è perso tra i meandri dello snobismo, del consumismo, della superficialità con la quale tutti noi affrontiamo la vita quotidiana.

Un tempo, chi ha ancora la nonna chieda delucidazioni, non si buttava via il cibo. Piuttosto lo si trasformava in mille ricette, talvolta ancora più gustose di quella originale. La cucina regionale è ricca di esempi e non serve che ve li dica io.

Oggi, tutti hanno bisogno di qualcuno che gli spieghi come fare la spesa, come conservarla, come utilizzare gli avanzi, dove smaltire gli inevitabili rimasugli (qualcosa resta eh?!).

Ma possibile che nessuno ci arrivi da solo? Mi rifiuto di credere che la gente ignori che una mezza bistecca avanzata non sia naturalmente l’ingrediente di base per deliziose polpette, o che gli spaghetti rimasti non possano trasformarsi in una frittata gustosa, la frutta troppo matura in macedonia o marmellata e il pane secco opportunamente tritato in panatura per le cotolette (io ci faccio la torta al cioccolato). Ma anche che esistono luoghi dove il cibo che noi scartiamo può diventare sostentamento per chi è meno fortunato.

Comunque, onore alla FIPE e a tutti i cuochi italiani che hanno aderito al progetto di comunicazione, come Franco Aliberti che ha contribuito con un suo personale elenco di consigli; come il presidente de Le Soste Claudio Sadler che ha sottoscritto il documento di FIPE con la sua autorità. Grazie a tutte le iniziative che mirano a guidare e accompagnare gli ignari italiani verso una maggiore consapevolezza del valore del cibo, della sua sacralità come alimento: 


il cibo non si butta, MAI!

Impariamo a utilizzarlo meglio per il bene delle nostre finanze, della nostra salute e – perché no – anche del pianeta Terra, povero bistrattato sul viale del tramonto.

E allora, evitiamo di riempire il carrello della spesa come se stesse per scoppiare la carestia, non presentiamo in tavola porzioni gigantesche se sappiamo che i nostri commensali mangiano come uccellini per mantenere la linea e, al ristorante, impariamo a chiedere la doggy bag se non finiamo il piatto: non è un disonore e non faremo la figura dei “poracci”, piuttosto quella di cittadini consapevoli e paladini del movimento anti spreco.

A proposito, adesso si chiama “progetto rimpiattino” …rim…piattino…carino, vero?


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E per tutti coloro che ne sentono il bisogno, ecco il decalogo di FIPE e i consigli dello chef  Franco Aliberti:

 

Il Decalogo FIPE ci informa: 

1.   Una spesa ben ponderata

Fare la spesa giorno per giorno, valutando bene quantitativi e tempi di deperimento.

Soprattutto ora che siete in vacanza può capitare di decidere all’ultimo momento di cenare fuori o a casa di amici. E, nel frigorifero, il cibo acquistato in abbondanza “invecchia” e in buona parte dovrà essere scartato al momento dell’utilizzo. Il problema non si sarebbe posto se la spesa fosse stata fatta in maniera ponderata e giorno per giorno. 

2.   Tanto o poco? Il giusto

Cucinare porzioni ben misurate sull’appetito dei commensali.

In vacanza, nonostante i buoni propositi della vigilia, ci si muove meno e, tranne gli sportivi più accaniti, si assumono abitudini più “comode” e tempi più rilassati. Il nostro corpo ha quindi bisogno di meno calorie. Cucinare il “giusto”, quindi, senza eccedere in numero di portate e in “dimensioni” è importante per un sano equilibrio e per un miglior utilizzo delle risorse: meno cibo, meno calorie, meno spreco. 

3.     Non si butta via nulla (o quasi)

Utilizzare tutte le parti di un prodotto dando spazio alla creatività.

Saper usare in modo opportuno ogni parte (o quasi) di un prodotto è segno di attenzione alla sostenibilità, ma soprattutto apre a esperienze nuove e alla scoperta di sapori inaspettati. Non tutti sanno, ad esempio, che i baccelli dei piselli possono diventare una gustosa bevanda o che la buccia della zucca messa in forno è meglio di una chips. Sperimentare, quindi, con prudenza. Per chi non si fida delle proprie abilità, può seguire le indicazioni dello chef Aliberti che del riuso ha fatto la sua filosofia di cucina. 

4.     Conservare, conservare, conservare

Imparare l’arte della conservazione allunga la vita ai cibi.

Un buon utilizzo dei diversi scomparti del frigorifero, riponendo i prodotti avendo attenzione alle diverse temperature è un piccolo e facile accorgimento che migliora la conservazione dei cibi. Anche accostare un cibo a un altro può generare effetti inaspettati o indesiderati: le mele, ad esempio, accelerano la maturazione degli altri frutti. 

5.   Il tempo delle cose

Controllare la data di scadenza pensando a quando si utilizzerà il prodotto

Pianificare, programmare, stabilire: in vacanza sono verbi che non vorremmo mai ascoltare. Giusto il relax. Ma un minimo di programmazione al tempo giusto aiuta a non sprecare tempo, denaro, cibi. Guardare la data di scadenza dei prodotti richiede poco sforzo, ammettiamolo. E anche pensare se la ricotta la consumeremo a cena o fra una settimana. Una piccola scelta, un grande risparmio. 

6.   Meno è meglio

Scegliere pensando al dopo.

Il packaging è senza dubbio un fattore importante per la buona conservazione dei cibi, ma quando è troppo è troppo… Una buona spesa parte anche dal saper scegliere il prodotto protetto da un imballo efficace ma non eccessivo e che sia facilmente riciclabile. Se un imballo è composto da materiali diversi, riciclarlo correttamente (dove lo butto?) diventa una sfida pressoché impossibile da superare. 

7.   Il giorno dopo è anche meglio

È un accorgimento “della nonna”, ma non per questo meno valido anche oggi: il cibo avanzato non si butta. Questa è stata una stupida abitudine che abbiamo acquistato pensando che fosse riprovevole fare, appunto, come facevano le nostre nonne, cioè riutilizzare il giorno dopo. Le polpette o il polpettone, ad esempio, sono spettacolari esempi di un intelligente riutilizzo del cibo del giorno prima. Quel che non si è finito a cena può diventare un perfetto componente del pic nic in spiaggia del giorno dopo. 

8.   In spiaggia (o in montagna) se ne può fare a meno

Limitare l’uso di stoviglie, piatti e posate.

Anche in spiaggia o sui sentieri di montagna abbiamo diritto alle nostre comodità. Certo. Ma non è necessario riprodurre anche in quei luoghi il medesimo stile di vita. Un pic nic è divertente anche se la tavola non è imbandita come quella di casa. Meno stoviglie, posate e piatti significa spostarsi più facilmente, avere meno oggetti da lavare e quindi consumare meno acqua (risorsa scarsa) e meno detersivi (altamente inquinanti). Anche questo è attenzione anti-spreco. Ovviamente la plastica deve essere bandita. 

9.   Fuori casa, non sprecate l’occasione

Scegliere il ristorante come gesto consapevole.

In vacanza si va più spesso al ristorante. È una bella occasione di convivialità, ma soprattutto è una opportunità per conoscere un elemento fondamentale del luogo in cui ci troviamo. La cucina è storia e cultura. Attraverso la cucina si conoscono i prodotti tipici, le abitudini di vita di una città, si scoprono nuovi sapori, si esplorano tradizioni e tipologie umane. Scegliere bene dove andare a mangiare è quindi importante quasi come visitare i monumenti e le attrattive del luogo. È un’occasione di conoscenza da non sprecare. 

10. Chiedete e vi sarà dato

Non vergognarsi di chiedere il cibo che non si è consumato.

All’estero è una pratica in vigore da sempre, in Italia, invece, facciamo fatica ad adottarla. Ma chiedere al ristoratore di confezionarci in modo adeguato il cibo che abbiamo avanzato, non solo è un nostro diritto ma è anche una sana e giusta abitudine. Ormai sono sempre di più i ristoranti dove questa buona pratica è entrata in uso, ma noi avventori dobbiamo imparare a non vergognarci e a richiederlo quando non ci viene proposto. L’importante è che il contenitore sia adeguato alla conservazione. Molti ristoranti italiani si sono dotati di uno speciale contenitore – Rimpiattino il suo nome – che Fipe ha messo a disposizione dei propri associati. Richiedetelo.

E lo chef Franco Aliberti consiglia: 

1.     L’acqua di cottura dei legumi non salata, una volta raffreddata può essere montata e trasformata in delle buonissime meringhe.  

2.   I gambi dei broccoli, se cotti, possono essere utilizzati come un carpaccio o come parte croccante di una pietanza. 

3.   I baccelli di fave e piselli possono essere estratti all’interno di una bevanda. Questi stessi ingredienti possono essere pastellati e fritti diventando un croccante contorno, ma potete anche impiegarli per preparare delle paste colorate.

4.   Le bucce di alcune varietà di zucche sono buonissime cotte al forno, tanto da farvi dimenticare le chips di patate. 

5.   Le parti verdi del porro, le bucce delle patate e le parti esterne della cipolla possono essere tostate in forno e utilizzate per aromatizzare brodi. 

6.   La frutta troppa matura può essere utilizzata per preparare un aceto. 

7.   La buccia dell’anguria, insieme alla sua parte bianca, può essere marinata e utilizzata come un cetriolo o essere trasformata in marmellata. 

8.   Se non si consuma in tempo la frutta può essere congelata e trasformata in una granita o un sorbetto, altra idea interessante è utilizzarla per produrre del ghiaccio al gusto di frutta.  

9.   Le bucce dei pomodori sono buonissime fritte, ma possono anche essere trasformate in polvere da utilizzare per dare ancora più gusto ai vostri piatti.  

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