Le Langhe, il valore del territorio

by Marina Caccialanza

Un territorio affascinante, costellato di borghi medievali e colline verdi; un panorama che, visto dall’alto, si estende lento a vista d’occhio e dove i vigneti e i boschi di nocciole riempiono lo sguardo. Un luogo denso di storia, proiettato al futuro grazie alla lungimiranza delle sue genti.
Il vino è protagonista; una bottiglia - Albeisa – ne rappresenta il patrimonio, identifica una visione e ne promuove gli scopi. La cucina è fortemente ancorata alle tradizioni e conserva gelosamente le sue perle, una tra tutte il tartufo.
Le Langhe, quella zona del basso Piemonte che si estende tra le provincie di Cuneo e Asti e che insieme al Roero declina verso la Liguria, è nota in tutto il mondo per i suoi vini importanti, accoglie i visitatori con discrezione, apre le sue porte con generosità ed espone i suoi tesori con orgoglio.

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Il Piemonte, distretto economico del vino per eccellenza, conserva nel territorio la sua ricchezza. È una ricchezza che non trova la sua espressione nei numeri ma nella qualità. Non è un dettaglio. I vini piemontesi coprono il 17% dell’export nazionale, 1/3 extra Europa. Il 10% delle denominazioni italiane sono vini piemontesi, il 20% se parliamo di vini rossi.
Ma torniamo alle Langhe, territorio narrato da grandi scrittori come Beppe Fenoglio e Cesare Pavese, solo per citarne alcuni. Territorio che ha visto nascere la storia d’Italia, basti pensare alla casa Savoia e a Camillo Benso conte di Cavour che qui dimorò e svolse la sua opera di statista e innovatore.
La langa narrata da Fenoglio, povera e arretrata, non esiste più. Oggi è un territorio ricco e produttivo, che ha saputo creare un substrato dinamico dalla sua storia e dai doni che il suolo offre. Un terreno di origine sedimentaria, da cui emerge il ricordo di fondali marini che lo caratterizzano e lo arricchiscono di sostanze preziose. Se aggiungiamo i movimenti delle zolle e delle placche che nei millenni si sono susseguiti, il corso dei fiumi e il movimento del fondo che grazie all’azione di sollevamento hanno creato matrici geologiche uniche, abbiamo ciò che caratterizza l’espressione dei vini, la loro complessità.
I vignaioli delle Langhe hanno saputo interpretare queste particolarità e valorizzarle, hanno saputo trarre dal clima, contrassegnato da precipitazioni concentrate, ogni dettaglio, e hanno realizzato una produzione di vini di straordinaria potenza: Barbera, Barolo, Barbaresco, Roero, Dolcetto, Nebbiolo, Pelaverga, nomi che risvegliano ricordi e sensazioni.


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E se, pensando alla Barbera – rigorosamente al femminile – il pensiero va a immagini popolari, a un’osteria, piatti casalinghi e semplici, il nome Barolo richiama all’aristocrazia del vino. Dove il Dolcetto viene, nell’immaginario comune, associato a un vinello da poco, erroneamente “dolce”, ecco che portare in tavola un Barbaresco attribuisce subito prestigio al desco. Ebbene, oggi, questi preconcetti sono superati. Il lavoro intenso che i vignaioli piemontesi hanno svolto suggeriscono una qualità produttiva egregia e riscattano vini popolari come Barbera e Dolcetto da una fama ingrata.
La chiave di lettura è quello che si definisce “terroir”, termine abusato ma che rappresenta i concetti di unicità del territorio: il clima, il vitigno, la matrice geologica e quella umana. Valori imprescindibili che i vignaioli delle Langhe hanno saputo gestire e valorizzare.Una delle chiavi di lettura la ritroviamo anche nella volontà di unirsi in una visione comune e partecipata dalla spiccata connotazione identitaria. È il caso del Consorzio Albeisa, 300 produttori circa, un unico intento: dare voce e interpretazione alle Langhe e ai suoi tesori.
Un’unica bottiglia, Albeisa appunto, inconfondibile, un po’ borgognotta e un po’ bordolese, simile per diametro e altezza alle francesi, ma diversa.  

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La storia delle Langhe, si è detto, è strettamente legata al vino. Salvaguardare le specificità genetiche delle vigne e dei vitigni è lo scopo di un progetto che, proprio qui, ai piedi del Castello di Grinzane Cavour ha preso vita grazie all’impegno dei ricercatori del CNR in collaborazione con la Vignaioli Piemontesi e con l’Azienda agraria di Grinzane dell’Istituto Umberto I di Alba.
Ai piedi del castello, nei terreni che furono parte della proprietà dei Benso di Cavour, il vigneto raccoglie oggi più di 500 varietà di vite, in gran parte vitigni minori e rari, spesso in via di abbandono se non ormai scomparsi dai vigneti commerciali. È un museo a cielo aperto delle risorse genetiche attuali e di un tempo. Vi sono, infatti, ospitate tutte le varietà di vite dell’Italia nord-occidentale, oltre a cultivar nazionali e internazionali di riferimento. La collezione, con le sue 800 accessioni coltivate su di 1,4 ha di superficie, mantiene vivo ed attivo un patrimonio di inestimabile valore biologico, storico e scientifico.
La collezione di Grinzane è una delle più importanti d’Europa: di ogni accessione si coltivano 5 piante, tutte innestate sullo stesso portinnesto ed allevate a controspalliera; oltre a servire alla conservazione di risorse genetiche spesso uniche, ormai introvabili altrove, la collezione ha una spiccata funzione didattica, per imparare a riconoscere per comparazione i diversi vitigni.

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Sui terreni, troneggia il Castello dove è possibile osservare i cimeli della famiglia Benso e visitare un interessantissimo Museo delle Langhe con percorsi etnografici ed enologici di grande valenza storica. Qui si svolge ogni anno l’Asta Mondiale del Tartufo d’Alba quando gli esemplari più prestigiosi del Tuber magnatum Pico, vengono battuti all’asta per scopi benefici.

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E dopo la visita, tutti a tavola per gustare i piatti tradizionali che rispecchiano il territorio e la sua cucina sincera; le carni tenere e delicate dei bovini di razza Piemontese: non si può passare per questi luoghi senza assaggiare tartare e carpacci impreziositi dalle salse tipiche – i bagnèt – frutto della contaminazione culturale francese, o il vitel tonné. Le paste fresche, tajarìn e tortelli del plin, rigorosamente fatte a mano. La giardiniera, antipasto immancabile, composta di ortaggi dell’orto in conserva, caratterizzata dalla presenza del pomodoro, delicata e discreta.
Come gli abitanti delle Langhe, gentili e riservati, concreti e generosi.

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