Lungo i sentieri, alla ricerca del Cardoncello

by Marina Caccialanza

Il silenzio ci circonda come un mantello protettivo, il profumo delle erbe selvatiche – timo, santoreggia, origano, finocchietto - sale alle narici e inebria. Sono le sensazioni che ti assalgono se cammini nei boschi della Murgia, tra i prati bruciati dal sole, mentre il vento sibila e l’occhio spazia verso l’orizzonte, in una tiepida mattina d’autunno.

Percorriamo i sentieri del fungo Cardoncello con la nostra guida AIGAE Gaetano Pascolla. Nessuna speranza di trovare il fungo agognato, niente pioggia, i terreni sono arsi.

Un tempo il Pleurotus eringii, fungo Cardoncello, era considerato alimento dei poveri, quel cibo che non coltivi e non compri perché semplicemente lo trovi; oggi, raro e pregiato, viene abilmente coltivato ma ancora è possibile trovare esemplari spontanei dopo la pioggia, se sai dove cercare.

Lo trovi sotto il cardo, ecco l’origine del suo nome popolare, che quando si decompone diventa alimento per il terreno, nutrimento per il Cardoncello che essendo un saprofita si nutre di ciò che è morto. Ma lo riporta in vita sotto un’altra forma. È il circolo della natura e su queste terre, anche dopo lo spietramento, anche dopo l’abbattimento dei boschi, continua incessante a crescere, a ricordarci che la biodiversità è un tesoro e la Murgia ne è il tempio.

Federico II di Svevia, che in questi luoghi regnò, definì Gravina in Puglia “giardino di delizie” (urbs opulenta) per i suoi boschi, i fertili campi e le sorgenti d’acqua, e tra le delizie certamente c’era il fungo che oggi stiamo imparando a conoscere grazie all’attività promotrice del Comune di Gravina e della Provincia, grazie all’impegno delle guide ambientali.

I cambiamenti climatici hanno mutato il ciclo delle stagioni, il fungo è raro oggi, ma grazie al lavoro di ricerca e l’innovazione tecnologica di alcune aziende lo troviamo in tutta Europa; la nascita di sentieri escursionistici mirati a preservare l’ambiente lo sta salvando dall’estinzione. Perché il Cardoncello è anche depurativo per i terreni inquinati, tanto che la Nasa l’ha scelto per essere coltivato in condizioni di microgravità; gli astronauti così avranno funghi freschi.

Le sue proprietà sono numerose, il Cardoncello non è soltanto un alimento versatile in cucina, dal gusto gradevole che si accompagna a molti ingredienti e diventa la base e il completamento di piatti squisiti; il Cardoncello ha mostrato – in uno studio comparativo di diverse specie di funghi realizzato dalla Prof.ssa Laura dell’Erba – un alto contenuto proteico, elevata presenza di vitamine tra cui la B12, potassio e magnesio. È ricco di fibre, contiene una statina naturale, la lovastatina, in grado di ridurre il colesterolo LDL e i trigliceridi senza gli effetti collaterali dei farmaci di sintesi. Insomma, è una dose di prelibatezza e salute.

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E prelibato lo è: abbiamo assaporato il Cardoncello nelle ricette tradizionali pugliesi, in ricette moderne e creative; l’abbiamo gustato in purezza o come complemento. Non ha mai deluso il palato, né la digestione.
Lo chef Igles Corelli, in questi giorni insignito del premio Cardoncello d’oro, ha affermato in occasione del conferimento: “Il Cardoncello è un prodotto molto interessante per due motivi, il primo è la sua consistenza che offre un morso gradevole e il secondo il sapore, infatti si sposa bene con qualsiasi altro ingrediente perché non invasivo. Per questi motivi è apprezzato sia da cuochi sia da pizzaioli e sta conquistando una platea internazionale”.

Continuiamo a passeggiare nei campi, perché la narrazione dei luoghi dove un prodotto nasce è importante, ci dà la possibilità di sentirci parte di quel territorio.

La nostra guida Gaetano ci introduce a un mondo dove l’avventura della natura è un tributo al benessere: “Un turismo lento e genuino che presta attenzione alla salvaguardia e al presidio dei territori rurali, storici e naturali guarda anche all’alimentazione sana e apre l’orizzonte a una visione turistica lungimirante”. Da questa regione, la Puglia, parte una formula di turismo sperimentale in grado di creare un nesso anche storico tra patrimonio ambientale, naturalistico, archeologico e culturale.

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Poco lontano sorge uno iazzo, un antico recinto destinato al ricovero temporaneo delle pecore durante la transumanza. È costruito in pendenza, per favorire la ventilazione e il deflusso delle acque e dei liquami. I muri sono in pietra, forse viene ancora utilizzato ma oggi è deserto.
La nostra passeggiata lungo i sentieri del fungo Cardoncello prosegue; il profumo delle erbe è sempre più intenso, inebriante, tra muretti a secco e panorami mozzafiato.

Di funghi nemmeno l’ombra ma a tavola li troveremo nel piatto, cucinati con abilità e delicatezza, perfetti nell’interpretazione di chef appassionati di una cucina tradizionale che propongono con rispetto e creatività, una cucina fatta di sapori semplici, genuinità e sostanza.  

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per le foto ringrazio il Comune di Gravina e i colleghi Roberta Grassi e Giuseppe Ragosta