Mantova e il nuovo che avanza

by Marina Caccialanza


Una gastronomia prettamente padana, con qualche influsso veneto ed emiliano, fatta di condimenti generosi e salumi intensi, addolcita da prelibatezze come la zucca, accompagnata da vini schietti. La cucina mantovana presenta un profilo morbido, un mosaico di sapori che nascono dalla campagna e si trasformano in specialità dall’identità ben delineata: i tortelli di zucca, la mostarda di mele, solo per citarne alcuni.

L’abbraccio dei laghi ha protetto Mantova, è ancora l’antica capitale dei Gonzaga e lo scorrere del tempo non sembra averla scalfita. L’impronta della dinastia è ben evidente: pare che ai piaceri della vista - e le opere d’arte e l’architettura ne sono l’esempio – affiancassero quelli del gusto, lasciando ai posteri ricette ineguagliabili come i risotti, le paste ripiene, le carni saporite. Non dimentichiamo che le prime coltivazioni di riso nella zona risalgono al periodo di Federico II Gonzaga, nella prima metà del 1500. L’attribuzione di Patrimonio Mondiale dell’Umanità, ottenuto nel 2008, è espressione e testimonianza di un tessuto urbano che conserva le sue caratteristiche e la sua cultura.

Qualcosa si muove, in sordina, in questo panorama apparentemente integro; nuove aspirazioni, stili che mirano a intraprendere itinerari inesplorati. È una Mantova giovane che avanza, nel rispetto del retaggio ma in cerca di espressione, cresce e si afferma.

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Il nuovo che avanza non calpesta ma percorre la via tracciata

Una scelta nata per caso, un locale che valorizza il luogo dove si trova, un giovane chef che propone una visione nuova e stimolante nel rispetto della tradizione. Francesco Zamboni, poco più che ventenne, torna nella natia Mantova dopo aver cercato la sua strada altrove. Un po’ per scelta – non mi piaceva lavorare a Milano – un po’ per casualità – il covid mi aveva lasciato di fatto senza lavoro – ma anche per caso, poiché in quel periodo si era reso disponibile un locale in pieno centro storico, alle spalle della basilica di Sant’Andrea, apre Laboratorio, cocktail bar e ristorante innovativo. A Mantova arriva un nuovo tipo di ristorazione e conquista.

È l’altra faccia di una città apparentemente assopita; è quell’impulso che indirizza verso il futuro, perché non può esserci innovazione senza tradizione e la via è tracciata, basta saperla percorrere.

“Vengo da una famiglia di ristoratori – racconta Francesco – mio padre ha un ristorante tradizionale da molti anni, La Cucina, e sono cresciuto con l’idea di continuare questo mestiere. Il locale in piazza Alberti si è presentato come un’occasione da non perdere. In pieno periodo covid ho voluto seguire il mio istinto e, quasi per gioco, l’ho rilevato dandogli un’impostazione un po’ insolita per il contesto: un cocktail bar con cucina a cui ho dato nome Laboratorio perché, per me, rappresenta un esperimento, in cui credo, una formula che mancava a Mantova e che ha incontrato il favore del pubblico”.

In una città dove il 90% della ristorazione è tradizionale, l’8% etnica, restava quell’1% che oggi si identifica col Laboratorio di Francesco Zamboni.

Spiega Francesco: “Il cliente mantovano punta sulla tradizione; è legato alla tipicità e non ha, in genere, un buon rapporto con le novità, che sfugge. Mantova è una città bellissima ma chiusa e, proprio per questo, ho intuito che non avrei avuto concorrenza, valeva la pena di provare. La piazza, ristrutturata da poco è un sogno, e Laboratorio ci sta proprio bene”.

Francesco Zamboni ha risvegliato l’attenzione dei mantovani con una filosofia di cucina moderna ma non eccentrica, piuttosto orientata al no spreco e alla naturalità: “Utilizziamo tutta la materia prima, nella sua interezza. Per esempio, la faraona diventa un piatto di petto, uno di coscia, uno di alette; cerco ortaggi di origine biologica, molto difficile nel circondario ma non impossibile; i cocktail vengono realizzati utilizzando le tecniche complesse della cucina e, pertanto, posso proporre marinature, estratti, sottovuoto: facciamo un cocktail di kombucha, un tipo di fermentazione. Insomma, cerchiamo di portare un soffio di novità creando una collaborazione ideale tra cucina, sala e bar. Il locale si chiama Laboratorio anche per questo”.

Pochi ingredienti costituiscono la base delle ricette, uno diventa il protagonista e identifica il piatto, sempre in un’ottica ideale di no allo spreco; piuttosto con l’intento di stupire, coinvolgere l’ospite senza esagerazioni. Sono piatti equilibrati, mai scontati.

Francesco Zamboni ha infranto il muro della tradizione e vi è riuscito perché non ha forzato la mano; quella mano, l’ha presa e accompagnata dolcemente verso una zona confortevole e costruttiva. Conclude Zamboni: “Giovani e meno giovani hanno capito. Sono persone che rispettano, come me, la tradizione, ma hanno visto il mondo e acquisito un’apertura mentale che permette di apprezzare quel pizzico di novità che non stravolge, semmai arricchisce”.  


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