Nulla è come sembra...

by Marina Caccialanza


Non ci siamo ancora ripresi dal colpo inferto dalla pandemia. La nuova normalità e le esperienze d’acquisto risentono di segnali confusi e contrastanti: la voglia di ricominciare, che si manifesta con un comportamento euforico, si trasforma in ottimismo di consumo ma nasconde germi di paura e timore di tornare nell’oscurità del lockdown.

La ricerca Shopping Map 2021, condotta da Marketing&Trade, rivela una comunità del consumo ferita ma non sconfitta, che cerca rassicurazioni e guarda al futuro con ottimismo ma in modo differente.

“La nuova normalità dei consumi – spiega Daniela Ostidich, CEO e founder di M&T – cerca l’eccesso. Fatta la volontà di esprimere la propria personalità e individualità in un mondo che esce dalle mura di casa con fatica, i consumi attingono e sfociano in situazioni e comportamenti border line. Sono comportamenti di consumo fragili, non guidati dal coraggio e dalla voglia di sfidare il mondo, piuttosto dal desiderio di rinchiudersi nella sicurezza. È un mondo di consumi in cui tutto è lecito, tutto è sperimentabile e consumabile”.

Questa situazione, nella quale i comportamenti bypassano le indicazioni in atto sulle misure di sicurezza sanitaria, scalfiscono, di fatto, tutto ciò che il mondo del marketing ha costruito negli ultimi 20 anni in termini di fedeltà a un brand: sono comportamenti che colpiscono il quotidiano, in costante divenire.


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I luoghi d’acquisto sono cambiati; sono cambiati i prodotti offerti e richiesti; siamo tutti chiamati a giocare una partita con regole non codificate. Ciò deriva dal fatto che l’insicurezza domina: sul posto di lavoro, sulla salute, su benessere e reddito.

Continua Daniela Ostidich: “Il consumatore si muove tra voglia di sperimentare cose nuove e impulso a ripiegare verso situazioni domestiche e tranquillità; il mondo delle relazioni si è rafforzato in termini di priorità: se nulla è come sembra, devo cogliere l’occasione lungo la strada e trovare l’attimo positivo in ogni esperienza, pur minima”.

Si apre, dunque, uno scenario molto interessante che permette di costruire un nuovo percorso esperienziale mettendo insieme innovazione e tradizione con tutti i suoi valori: bisogna trovare l’equilibrio tra direzioni apparentemente opposte – sperimentazione e tradizione, vicino e lontano - perché non è più il momento della superficialità ma è arrivato il momento dell’acquisto secondo valori concreti.

Piuttosto che nicchie di mercato, è tempo di analizzare differenti sensibilità delle persone in momenti diversi.

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Viviamo nella realtà dei 15 minuti. Da Milano a Parigi, occorre ripensare la città come un luogo nel quale la gente abbia la possibilità di esaurire l’esperienza da vivere, le sue necessità,  nell’arco di 15 minuti.

È l’indicatore di un mondo conosciuto, di una dimensione spaziale che diventa amica e tranquillizza. Cosa possiamo fare in 15 minuti? Dipende da cosa si vuole.
Se 15 minuti sono una dimensione amica, a livello psicologico e ideale, le insegne della grande distribuzione lavorano in questa direzione coinvolgendo i produttori locali, perché questo fa stare meglio il consumatore; lavora sul fresco del territorio perché racconta una storia, una localizzazione e un radicamento che influisce in maniera positiva sul consumatore.

Occorre giocare su questo aspetto, perfino nell’e-commerce: clicca e ritira, la tua merce è qui, nel momento che vuoi tu, senza perdita di tempo, in un attimo.


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Il quartiere diventa la destinazione, anche per i grandi acquisti. È finita l’epoca delle grandi distanze per trovare il prodotto desiderato. Il quartiere è la nostra confort zone e qui vogliamo trovare tutto ciò che ci abbisogna.

La dimensione individuale alla quale ci siamo abituati con il lockdown e lo smart working, ci ha dato la possibilità di riscoprire riti dimenticati; per esempio, la prima colazione che, oggi, i bar hanno riscoperto come servizio adeguando le proposte: hanno costruito il rito della colazione domestica e l’hanno portata nel fuori casa.

Tra i riti riscoperti, c’è quello delle cotture lente. Se nei primi tempi del lockdown abbiamo fatto il pane in casa, diciamo la verità, abbiamo ben presto abbandonato la pratica, ma abbiamo ricordato altri metodi di preparazione dei cibi: per esempio, la cottura dei grossi pezzi di carne, il bollito, il brasato, che richiedono tempo e lentezza.

Questo porta a ripensare il mondo dei piatti pronti, che non sono più solo una soluzione rapida, e si orienta verso ingredienti e qualità elevata. Il mondo delle salse, per esempio, cresce: basta un vasetto di salsa al curry già pronta e possiamo preparare un ottimo pollo al curry con un minimo di fatica e buon risultato, senza doverlo acquistare già cotto.

È la riscoperta del saper fare e del fresco: un mondo dato per scontato che ritorna a essere espressione artigianale in quando creatore di valori per quei prodotti che hanno una dimensione di vicinato. Faccio la torta di mele a casa ma compro le mele già affettate, pulite e confezionate, nel negozio sotto casa.

Il tema dell’identità diventa cruciale per assicurare il rispetto di questa dimensione umana.