Oyster Experience
Un libro e un viaggio sensoriale e culturale nel mondo dell’ostrica, alimento che offre infinite sfumature di gusto e straordinari spunti per esperienze appaganti. Un prodotto da scoprire: per tutti e non solo per intenditori.
Oyster Experience, il libro di Elena Ravizza, edito da Trenta Editore, è un invito a sperimentare con consapevolezza un gioiello del mare e le preziose tecniche dell’allevamento italiano, risorsa affascinante dalle enormi potenzialità.
Dopo una parte introduttiva che spiega l’anatomia
dell’ostrica, le sue caratteristiche chimiche e la composizione, le diverse
tipologie e le differenze tra esse, la classificazione in base al calibro e i
segreti della sua riproduzione – perché non si può addentrarsi in un argomento e
riflettere sul suo significato se non se ne conoscono i dettagli – l’autrice
introduce il lettore nel fantastico mondo dei sensi per insegnare a capire,
apprezzare e vivere l’esperienza della degustazione. Il racconto comprende la
storia, lo sviluppo delle tecniche e le prospettive offerte dall’allevamento,
spiegate con semplicità, precisione e uno stile confidenziale piacevole che
stimola l’immaginazione. Un viaggio che va oltre l’atto di cibarsi per
diventare connessione con la natura, il nutrimento come arte, come storia
dell’umanità.
Una novità per il panorama editoriale e culinario
Alzi la mano chi può affermare di aver gustato spesso (qualche volta?) le ostriche; chi ne conosce le caratteristiche, le varietà, i modi di consumarle, gli abbinamenti ideali in tavola. Alzi la mano chi ne sa apprezzare il gusto. Chi le ordina al ristorante.
Non molti vero? Forse soltanto un’élite di consumatori che ne hanno conosciuto i pregi viaggiando, specialmente in Francia. Perché è vero: se si pensa all’ostrica il pensiero va subito alla Francia, paese dove l’allevamento delle ostriche è particolarmente diffuso e il loro consumo abituale.
In Italia no. In Italia l’ostrica rimane un cibo per pochi eletti, considerato costoso e meno gradevole di altri molluschi più comuni. Ostriche e Champagne resta, nell’immaginario collettivo, un cibo un po’ snob, per occasioni speciali.
Ebbene è ora di cambiare orientamento e Elena Ravizza ci
spiega perché.
Milanese, studi di comunicazione e marketing, poi la passione per il mare e
l’azienda di famiglia – I.WAI Food - specializzata nel settore ittico, che dal
2013 coltiva e distribuisce, tra l’altro, una quarantina di varietà di ostriche
provenienti da allevamenti in varie zone d’Italia. Una passione nata sul campo
e sfociata in un progetto di divulgazione culturale.
“Grazie all’esperienza in azienda – racconta Elena Ravizza – ho avuto l’opportunità di conoscere l’ostrica in quanto entità, identità e gioiello impareggiabile, un prodotto che merita di essere apprezzato. Questo è il motivo principale che mi ha spinto a scrivere questo libro: l’ostrica, in Italia, esiste e fa parte della cultura culinaria, fin dall’epoca romana. Ha solo bisogno di essere spiegata al pubblico in modo che ne possa godere. La gente conosce un numero limitato di tipologie di ostrica ma esse compongono un panorama ampio, realtà incredibili, in tutto il mondo, e l’Italia non fa eccezione. Ogni allevamento è un mondo a parte, ogni ostrica è un’identità a sé: la mia mission è quella di diffondere la cultura dell’ostrica in Italia”.
Elena Ravizza e Giuseppe Di Paolo
Un percorso sensoriale, una sinfonia di sensazioni
Elena Ravizza afferma nel suo libro che l’ostrica è un “enigma del mare che incarna una sinfonia di sensazioni che risveglia i nostri sensi in un modo unico e memorabile”. E ci spiega perché.
Il suo aspetto esterno, così
irregolare e quasi misterioso, invita a scoprire cosa c’è dentro; la ruvidità
del guscio opposta alla morbidezza interna stimola la fantasia; il suo aroma
ricorda il mare, la salinità, la freschezza, ed evoca acque cristalline,
prepara il palato alla magia del suo sapore. In bocca è un’esplosione di
emozioni, di scioglievolezza. Salato, dolce, umami. Un turbine di sensazioni
tutte da scoprire che non dimentica l’udito: le ostriche ci insegnano ad
ascoltare la natura e i suoi ritmi, i suoi bisogni, e il racconto che ne
facciamo amplifica il suono generato. Il colore, infine, elemento che gioca un
ruolo importante nel gioco dell’esperienza, diventa nel libro un fattore di
narrazione. “La degustazione delle ostriche – afferma Elena – coinvolge tutti i
sensi, tutti quelli che l’umano può concepire”.
Viviana Spanuolo, chef di origine milanese, docente di corsi di cucina e Food
Ambassador per I.WAI Food, ha creato per l’occasione 12 ricette declinate
secondo i colori e il loro significato a livello emozionale: dall’arancione
segno di coraggio al nero che interpreta l’eleganza, dal rosa simbolo di
femminilità al blu colore dell’intelligenza e della saggezza, e così via. Un
menù tutto da scoprire.
“Non esiste l’ostrica migliore, afferma Elena: ognuno deve saper individuare
quella che più gli piace, secondo la propria indole e sensibilità”. Per questo
è importante conoscerne le diverse sfumature. Per questo è importante
riflettere sul significato che si rivela a noi ogni volta che apriamo
un’ostrica. Dice Elena nel libro: “Quando il guscio si apre, si svela un mondo
interiore ricco e complesso. Lì, nell’intimità dell’ostrica, si trova la
carne…è un momento di vera connessione con l’universo…ci rammenta quanto in
realtà siamo ancora profondamente legati a questi semplici attimi di scoperta e
meraviglia”.
Il potere del “merroir”
La magia dell’ostrica deriva anche dalla sua natura e dalla connessione intima con l’ambiente marino da cui proviene e dove si sviluppa. Il termine “merroir”, parola derivata dall’unione del francese “mer” (mare) e “terroir”, esprime un concetto preciso: come il terroir del vino ne determina le caratteristiche organolettiche, il merroir incapsula nell’ostrica la sua essenza, le sue caratteristiche di mineralità, salinità, temperatura o correnti. Non esiste un unico merroir, non esiste un’ostrica uguale a un’altra.
Elena Ravizza ci spiega, inoltre, che in questo habitat
naturale l’ostrica è un guardiano del mare e, resiliente, filtra e purifica le
acque, difende l’ambiente marino dall’inquinamento.
Gli allevamenti di ostriche sono, sotto questo punto di vista, sostenibili
grazie al loro impatto ambientale positivo, alla bassa impronta ecologica e ai
benefici che apportano agli ecosistemi marini.
L’ostrica in menù, una risorsa di pregio
Ma l’ostrica, in quanto alimento, è soprattutto una preziosa
risorsa in cucina e in tavola. L’esperienza sensoriale non è completa senza una
degustazione corretta ed è per questo che imparare a conoscerne le peculiarità serve
a completare l’experience a tavola, nel modo corretto e secondo varianti e
interpretazioni. Lo testimonia Giuseppe Di Paolo, ristoratore a capo insieme al
fratello Dante della catena A’Riccione di Milano dal 1999, erede dello storico
locale degli anni cinquanta, primo ristorante di pesce meneghino.
“Noi nasciamo come ristorante di pesce – racconta Di Paolo – e ricordo che negli
anni novanta, a Milano, il cliente che chiedeva ostriche si riferiva a quelle
francesi; era un prodotto di nicchia, di costi elevati, così abbiamo cominciato
a esplorare il panorama alternativo e scoperto che di ostriche ne esistevano
diverse varietà e tipologie, diverse origini, dall’Irlanda, dal Portogallo, e
anche dall’Italia sebbene in quantità contenute. Poi, grazie al rapporto con
I.WAI, abbiamo sviluppato e ampliato gli orizzonti di conoscenza, nostri e del
consumatore, e oggi i clienti chiedono, assaggiano, apprezzano e tornano a
chiedere. Il nostro compito, come ristoratori, è anche quello di fare cultura e
stiamo ottenendo risultati soddisfacenti proponendo, con metodo, un prodotto
italiano, ottimo qualitativamente e molto apprezzato: per esempio facciamo
degustazioni di 10 tipologie di ostriche, ognuna denominata in modo che il
cliente sappia cosa sta degustando, proposte senz’altro crude – modalità importante
per cogliere le sfumature di ogni ostrica – e anche cucinate in vari modi, in
tempura o con la pasta, gratinate. Il gusto degli italiani è molto cambiato
negli anni e il cliente, esigente, ha raffinato il palato e imparato a
interpretare ogni variante”.
Il 98% del consumo, afferma Giuseppe Di Paolo, riguarda il
prodotto crudo, ma è in aumento anche lo sviluppo di ricettazioni interessanti,
come d'altronde avviene nel resto del mondo. “Il modo di proporre le ostriche e
di cucinarle è cambiano perché abbiamo aperto la mente – spiega Di Paolo – e
colto le opportunità di un impiego nuovo; a seconda della varietà, più o meno
carnosa, si ottengono interpretazioni culinarie interessanti. Anche gli abbinamenti
si sono adeguati al cambiamento di usanze; dove prima era lo Champagne a
dominare la scena, oggi ci si orienta su altri vini: se l’ostrica è sapida, un
vino asciutto; se è delicata, un vino sapido; abbiamo scoperto che il Gin è un
ottimo compagno di degustazione”.
Viviana Spagnuolo conferma: “La cottura dell’ostrica favorisce la degustazione,
soprattutto per il fatto che attenua la viscosità del prodotto, non da tutti
gradita, e la declinazione in ricette dall’antipasto al cocktail fornisce un
modo di degustare il mollusco così come si usa fare con ogni altro, dalla cozza
alla capasanta, intercettando in questo modo le preferenze del consumatore”.
Oyster Experience ci insegna che il cibo è arte, non sono alimentazione; è nutrimento per l’anima così come per il corpo. Elena Ravizza in questo libro, nuovo e interessante, ci invita a esplorare, attraverso i sensi e la conoscenza, la meraviglia del mare, ci stupisce e incoraggia. Una lettura che apre a orizzonti, punti di vista, risvolti inesplorati ai più. Una scoperta per tutti noi.
chef Viviana Spagnuolo e Elena Ravizza