Peter Brunel, profondo sapere

by Marina Caccialanza

C’è un piatto della tradizione contadina italiana che in ogni regione rappresenta una vera e propria icona: la pasta e fagioli.

La "carne dei poveri” era chiamato un tempo il fagiolo, legume dalle proprietà nutrizionali e proteiche straordinarie, oggi rivalutato e inserito a ragione nella dieta, mediterranea o meno, vegetariana e onnivora.

La pasta e fagioli si prepara con qualsiasi varietà di fagiolo, fresco o secco, e secondo le usanze del luogo comprende pasta di vario tipo o altro cereale in abbinamento. Chi la fa rossa, con l’aggiunta di pomodoro, chi la preferisce bianca; con verdure abbinate, con patate o spezie. Insomma, è un piatto versatile, nutriente, gustoso.

Perché confinarla tra i piatti tipici tradizionali? Magari un po’ rustici, casalinghi. Perché non valorizzarla, elevarla e trasformarla in un piatto innovativo, creativo e di altissima cucina utilizzando gli strumenti gastronomici e le tecniche moderne in grado di trasformare la banalità in genialità? La novità nasce dal sapere antico.

Questo deve aver pensato Peter Brunel, eclettico chef trentino che in una dimostrazione pratica presso Identità Golose Hub ha realizzato un piatto davvero innovativo, compreso nel percorso divulgativo Identità di Pasta, frutto del congresso con la collaborazione del pastificio Felicetti.

Pasta e Fagioli di Terre Trentine l’ha chiamato, perché nato dal retaggio antico di una terra generosa, cresciuto nella mente creativa di uno chef geniale che a soli 28 anni ha ottenuto la stella Michelin (riconoscimento non da poco!) e che riunisce e fonde dentro la ricetta tanti elementi diversi con l’armonia e l’equilibrio che solo la conoscenza profonda delle tecniche culinarie riesce a esprimere.

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Peter Brunel, chef patron del Ristorante Gourmet che porta il suo nome, ad Arco (TN), ha saputo rinnovare pasta e fagioli creando un piatto unico nel suo genere, con l’aiuto di ingredienti eccellenti: il fagiolo borlotto di Lamon, la pasta ditalini al farro di Felicetti, lumache, tartufo, uova di montagna, cotiche di maiale.

Nella tecnica, il segreto di tanta specialità. Disidratazione, reidratazione, frittura.

La pasta viene trattata secondo questa formula per ottenere una croccantezza ineguagliabile, elemento dominante. Il fagiolo subisce il trattamento di reidratazione per poi essere frullato, ma non è tutto; le fibre esterne vengono sottoposte all’essiccazione e poi tritate: nessuno spreco è la parola d’ordine. A questo punto, i fagioli vanno a formare una miscela con patata, panna e aceto di mele, sale e olio per stabilizzare la struttura, e agar agar in sifone.

Un tocco rustico con le cotiche di maiale a cubetti, bollite, essiccate e poi fritte; un tocco raffinato con le lumache cotte in una sorta di “bourguignonne”; una grattata di tartufo del monte Baldo. Per condire, ristretto di manzo e olio extravergine di oliva del Garda.  All’interno, a formare un cuore avvolgente, uovo di montagna poché. Una spolverata di polvere di fagiolo e il piatto è pronto!

A questo punto, difficile chiamarla pasta e fagioli. Sarebbe banale. Eppure da lì trae origine, e dall’attaccamento al territorio, alle radici contadine che chef Peter Brunel ha saputo conservare, coltivare e elevare con rara delicatezza, creando un piatto soffice ma intenso, leggero ma nutriente,  equilibrato e piacevole. Un tuffo nel passato da cui si riemerge guardando al futuro.


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