Radicchio di Treviso, fiore d’inverno
by Marina Caccialanza
Cibo della povera gente per secoli, a un certo punto questa comunissima cicoria si trasformò in alimento pregiato.
Chiamare oggi il Radicchio Rosso di Treviso Igp “cicoria” sarebbe riduttivo: è un fiore, è un ortaggio, è un ingrediente ineguagliabile in cucina per la sua versatilità all’uso il più disparato. Si gusta in insalata, cotto alla griglia, nel risotto; c’è chi lo utilizza nei dolci e chi ne aromatizza la birra.
Ma come avvenne questa trasformazione da erba spontanea dei campi a specialità territoriale?
Pare che non ci siano testimonianze precise, leggenda e realtà si confondono spesso, ma i vecchi contadini amano raccontare di uccelli che lasciano cadere il seme per caso, di frati che ne hanno avuto cura, di una piantina spontanea e comune in tutti gli orti finché qualcuno non seppe applicare l’arte dell’imbianchimento.
La nascita del Radicchio di Treviso si riconduce spesso a un personaggio dell’ottocento, il vivaista belga Francesco Van Den Berre che portò a Treviso la tecnica dell’imbianchimento in uso nei Paesi Bassi. Questa paternità non è certa; qualcuno preferisce rifarsi al caso e di storie se ne raccontano tante, come quella del contadino che un giorno portò a casa una cesta di radicchi e li lasciò semplicemente in cantina, dimenticati. Quando si accorse della carriola piena di radicchi in un angolo scoprì che sotto le foglie esterne, ormai appassite, c’era un bel radicchio dal cuore sano e dal colore rosso vivo.
Precoce o Tardivo, di fatto il Radicchio Rosso di Treviso oggi arricchisce le tavole dall’autunno a primavera inoltrata ed è prodotto eccellente e unico del mercato made in Italy. Appartenente alla famiglia delle Asteracae o Compositae, Il Radicchio di Treviso si consuma dopo un ciclo produttivo di circa 6 mesi; è una pianta rustica con elevata adattabilità specialmente nei terreni freschi, profondi e ben drenati. Sopporta temperature inferiori a 8°C ma cresce in maniera ottimale intorno ai 20°C.
Il passaggio fondamentale della produzione è attuare la forzatura-imbianchimento, una tecnica di pazienza e accortezza con la quale si esaltano i pregi organolettici ed estetici del Radicchio di Treviso Tardivo Igp.
La tecnica consiste essenzialmente nell’immergere per 10-15 giorni l’apparato radicale dei cespi pareggiato a 12-15 cm sotto il colletto in una vasca progettata appositamente e protetta con teli di plastica capaci di trattenere il calore liberato dall’afflusso di acqua sorgiva. In queste condizioni si sviluppa, assume forma, turgidità, croccantezza, sapore e il caratteristico colore. Nasce così il fiore che si mangia.
L’Unione Europea tutela il Radicchio Rosso di Treviso Igp la cui coltivazione deve pertanto rispondere a determinati requisiti stabiliti nel Disciplinare di produzione.
Aspetto: germogli regolari, uniformi e compatti; foglie serrate, avvolgenti che tendono a chiudere il cespo nella parte apicale; cespo corredato di una porzione di radice fittonante di lunghezza non superiore a 6 cm.
Sapore: costola dorsale di sapore gradevolmente amarognolo e croccante nella consistenza.
Calibro: peso minimo 100 g, diametro del colletto 3 cm, lnghezza senza fittone da 12 a 25 cm.
La stagionalità è importante, anche se ormai la maggior parte degli ortaggi si consuma tutto l’anno. L’inverno è la condizione naturale e insostituibile, senza il gelo sarebbe diverso: secondo il Disciplinare, infatti, i cespi si devono raccogliere solo dopo le prime brinate per poter procedere alla fase dell’imbianchimento. Il periodo di comparsa e l’intensità del gelo sono determinanti per stabilire le variazioni qualitative e di diponibilità, quindi il mercato.
Crudo, il Radicchio di Treviso Igp si consuma al meglio delle sue proprietà organolettiche – con un carpaccio di carne, insieme a una misticanza di verdure - ma si presta a infiniti usi in cucina, per esempio alla griglia con la polenta, nella preparazione del risotto, nelle zuppe, con l’uovo in camicia; così come l’abbinamento coi formaggi sia freschi sia a pasta dura è molto apprezzato.
Cibo della povera gente per secoli, a un certo punto questa comunissima cicoria si trasformò in alimento pregiato.
Chiamare oggi il Radicchio Rosso di Treviso Igp “cicoria” sarebbe riduttivo: è un fiore, è un ortaggio, è un ingrediente ineguagliabile in cucina per la sua versatilità all’uso il più disparato. Si gusta in insalata, cotto alla griglia, nel risotto; c’è chi lo utilizza nei dolci e chi ne aromatizza la birra.
Ma come avvenne questa trasformazione da erba spontanea dei campi a specialità territoriale?
Pare che non ci siano testimonianze precise, leggenda e realtà si confondono spesso, ma i vecchi contadini amano raccontare di uccelli che lasciano cadere il seme per caso, di frati che ne hanno avuto cura, di una piantina spontanea e comune in tutti gli orti finché qualcuno non seppe applicare l’arte dell’imbianchimento.
La nascita del Radicchio di Treviso si riconduce spesso a un personaggio dell’ottocento, il vivaista belga Francesco Van Den Berre che portò a Treviso la tecnica dell’imbianchimento in uso nei Paesi Bassi. Questa paternità non è certa; qualcuno preferisce rifarsi al caso e di storie se ne raccontano tante, come quella del contadino che un giorno portò a casa una cesta di radicchi e li lasciò semplicemente in cantina, dimenticati. Quando si accorse della carriola piena di radicchi in un angolo scoprì che sotto le foglie esterne, ormai appassite, c’era un bel radicchio dal cuore sano e dal colore rosso vivo.
Precoce o Tardivo, di fatto il Radicchio Rosso di Treviso oggi arricchisce le tavole dall’autunno a primavera inoltrata ed è prodotto eccellente e unico del mercato made in Italy. Appartenente alla famiglia delle Asteracae o Compositae, Il Radicchio di Treviso si consuma dopo un ciclo produttivo di circa 6 mesi; è una pianta rustica con elevata adattabilità specialmente nei terreni freschi, profondi e ben drenati. Sopporta temperature inferiori a 8°C ma cresce in maniera ottimale intorno ai 20°C.
Il passaggio fondamentale della produzione è attuare la forzatura-imbianchimento, una tecnica di pazienza e accortezza con la quale si esaltano i pregi organolettici ed estetici del Radicchio di Treviso Tardivo Igp.
La tecnica consiste essenzialmente nell’immergere per 10-15 giorni l’apparato radicale dei cespi pareggiato a 12-15 cm sotto il colletto in una vasca progettata appositamente e protetta con teli di plastica capaci di trattenere il calore liberato dall’afflusso di acqua sorgiva. In queste condizioni si sviluppa, assume forma, turgidità, croccantezza, sapore e il caratteristico colore. Nasce così il fiore che si mangia.
L’Unione Europea tutela il Radicchio Rosso di Treviso Igp la cui coltivazione deve pertanto rispondere a determinati requisiti stabiliti nel Disciplinare di produzione.
Aspetto: germogli regolari, uniformi e compatti; foglie serrate, avvolgenti che tendono a chiudere il cespo nella parte apicale; cespo corredato di una porzione di radice fittonante di lunghezza non superiore a 6 cm.
Sapore: costola dorsale di sapore gradevolmente amarognolo e croccante nella consistenza.
Calibro: peso minimo 100 g, diametro del colletto 3 cm, lnghezza senza fittone da 12 a 25 cm.
La stagionalità è importante, anche se ormai la maggior parte degli ortaggi si consuma tutto l’anno. L’inverno è la condizione naturale e insostituibile, senza il gelo sarebbe diverso: secondo il Disciplinare, infatti, i cespi si devono raccogliere solo dopo le prime brinate per poter procedere alla fase dell’imbianchimento. Il periodo di comparsa e l’intensità del gelo sono determinanti per stabilire le variazioni qualitative e di diponibilità, quindi il mercato.
Crudo, il Radicchio di Treviso Igp si consuma al meglio delle sue proprietà organolettiche – con un carpaccio di carne, insieme a una misticanza di verdure - ma si presta a infiniti usi in cucina, per esempio alla griglia con la polenta, nella preparazione del risotto, nelle zuppe, con l’uovo in camicia; così come l’abbinamento coi formaggi sia freschi sia a pasta dura è molto apprezzato.