Storie di uomini e di orsi
Tutti lo cercano, qualcuno lo avvista, nessuno è ancora riuscito a catturarlo per riportarlo in cattività.
Si chiama M49; è l’orso fuggito da un recinto del Centro Faunistico di Casteller in Trentino nel luglio scorso e tuttora latitante – libero? - per i boschi della regione.
Mentre le discussioni a livello istituzionale continuano sull’opportunità o meno di abbatterlo in quanto considerato pericoloso, lo Yoghi trentino continua la sua fuga verso la libertà.
Non è la prima volta che succede e probabilmente non sarà l’ultima visto che la popolazione selvatica aumenta, la caccia è uno sport pressoché scomparso e la consapevolezza dei diritti degli animali, giustamente, cresce.
Nel frattempo M49 si muove con disinvoltura innata perché l’orso in Trentino è di casa e il rapporto tra uomini e orsi è antico di millenni.
Nei pressi di Sanzeno (TN) sorge l’eremo di San Romedio, un santuario che risale all’XI secolo appollaiato in cima a una rupe alta 99 metri alla fine di una gola scavata dal torrente che porta il suo nome. Un luogo affascinante e suggestivo come la leggenda ad esso legata. Si narra, infatti, che il nobile medievale di origine bavarese Romedio, al termine di un pellegrinaggio scelse di ritirarsi a vita contemplativa. Sentendo vicina l’ora della morte, l’anacoreta decise di recarsi a Trento per ricevere la benedizione del vescovo ma il suo cavallo fu sbranato da un orso. Senza paura, Romedio ordinò all’orso di accucciarsi e lasciarsi sellare e raggiunse Trento a cavallo dell’orso domato. Sul luogo venne eretto il santuario e da lì cominciò il culto di San Romedio. Da quel momento in poi c’è sempre un orso che vive nei pressi dell’eremo, in cattività ma trattato con tutti i riguardi, oggetto di visite e attenzioni da parte dei pellegrini.
Sono numerosi gli esempi di Santi che addomesticano orsi nella storia trentina, simbolo della vittoria della Chiesa sul paganesimo.
Attualmente l’ospite è un
orso bruno dei Carpazi salvato da uno stato di segregazione.
Del resto, nell’antichità, l’orso era considerato l’animale più simile all’uomo per la sua postura, per capacità di utilizzare le zampe e per alcuni suoi comportamenti che lo avvicinano all’uomo tanto da incarnarne aspetti caratteriali e atteggiamenti.
Fortunato Depero, pittore trentino
tra i più noti della corrente futurista - nato a Fondo e poi vissuto a Rovereto
dove sorge una casa museo a lui dedicata - riprese diverse volte il tema dell’orso
nelle sue opere: dipinti, piatti, statue di legno intagliato, cuscini e
manifesti. Una di queste opere è attualmente esposta all’interno di una mostra
molto particolare che si svolge a Cles intitolata Ursus, storie di uomini e di
orsi, che resterà aperta fino al 3 novembre prossimo.
Nella magica atmosfera del
palazzo Assessorile, un antico edificio medievale nel centro della cittadina inizialmente
adibito a deposito di alimenti, poi torre di controllo visivo e infine, fino a
metà del secolo scorso, a carcere e che oggi ospita numerose iniziative
culturali, la mostra, su 3 piani dell’edificio, racconta attraverso reperti
archeologici, stemmi, dipinti, statue, manoscritti miniati, libri illustrati,
maschere, giocattoli, fotografie e molto altro un aspetto inedito del Trentino
e il suo rapporto con l’orso che sul territorio vive da sempre.
L’arte locale raffigura l’orso in affreschi di castelli, dipinti su tela e stampe. L’orso incarna i vizi dell’uomo e qualche sua virtù; dopo essere stato cacciato per secoli, diventa “pupazzo” ballerino nelle sagre, è una maschera carnascialesca in quanto rappresenta l’alternarsi delle stagioni col suo letargo e successivo risveglio, fino ad assumere, dal novecento in poi, un nuovo volto umanizzato con l’orsetto di peluche, le storie a fumetti, i cartoni animati, la pubblicità.
A partire dal 1999, col progetto Life ursus, parte il ripopolamento della zona dell’Adamello e del Brenta. Inevitabilmente sorgono problemi di convivenza con gli uomini, ma l’orso rimane nell’immaginario delle popolazioni trentine in un continuo scambio tra realtà e immaginario, tra mille storie che si intrecciano.
Forse, l’importante e conoscersi a vicenda, trovare un equilibrio.
Intanto: buona fortuna M49!