Tempo di asparagi, ma alla milanese
by Marina Caccialanza
I romani hanno i carciofi come verdura simbolo, i milanesi hanno gli asparagi. Da sempre.
È piuttosto nota, e un po’ bizzarra, la storia che vede protagonista Giulio Cesare.
Il condottiero, si sa da fonti certe, era un tipo piuttosto raffinato sotto l’armatura bellica e Milano, ai suoi tempi era, ahimè, un luogo popolato da gente rude, un po’ grezza diciamo.
Pare che – lo racconta Plutarco – durante il suo periodo come governatore della Cisalpina dal 59 al 55 a.C., si trovasse ospite nella domus milanese di tale Valerio Leonte, insieme al suo stato maggiore. A tavola una sera fu servito un piatto per i romani sconosciuto: asparagi conditi con una sostanza oleosa, una specie di unguento dal colore giallastro indefinibile e maleodorante.
I generali rifiutarono il cibo disgustati ma Giulio Cesare, coraggiosamente, affrontò il sacrificio e mangiò.
Al termine del pasto chiese al suo ospite ragione dello strano intruglio e questi rispose incredulo: “Ma Governatore, sono asparagi conditi col burro, prodotto dalle nostre vacche cisalpine!”. Fu in quell’occasione che Cesare se ne uscì con la famosa frase: “de gustibus non disputandum est” .
Ebbene, i romani, abituati all’olio di oliva, non conoscevano il burro che, probabilmente, ai quei tempi non era esattamente conservabile in modo perfetto; diciamo che le condizioni igieniche alle quali era esposto dalla mungitura del latte fino alla tavola lasciavano a desiderare e ne facevano un prodotto dal sapore e dall’aroma discutibili. I milanesi, abituati al sapore e all’odore di rancido non ci facevano caso ma le papille e le narici raffinate dei nobili romani dimostrarono in quell’occasione di non gradire.
Il burro, però, è un vanto della pianura padana. Fino alla fine dell’ottocento, lungo il Naviglio, uno dei grandi capolavori di Leonardo da Vinci, un’opera ingegneristica straordinaria e straordinariamente moderna se pensiamo che il genio l’ideò nel lontano 1400 dietro incarico di Ludovico il Moro, Signore di Milano, arrivavano i barconi carichi di latte dalle cascine del pavese fino alla Darsena di Porta Ticinese, il porto di Milano.
Burro e asparagi (anche questi arrivavano dalla campagna) è da sempre un connubio perfetto. Una bella “aspargiada” dicevano i vecchi milanesi, asparagi verdi cotti in acqua e disposti su un piatto di portata bollenti, coperti di formaggio grana grattugiato e irrorati con burro fritto nocciola che col suo calore deve fondere il formaggio.
Abbinamento ideale con le uova in “cereghin”, versate sopra. Si chiamano così le uova fritte in tegame, all’occhio di bue, perché la forma richiama quella della chierica dei frati, detta appunto “cereghin”.
È la stagione degli asparagi ancora per poco, se il livello di colesterolo non ci spaventa – basta ridurre un po’ le dosi – mi sembra un’idea invitante per la cena.