Torino, riservata ma dal cuore grande

by Marina Caccialanza


Il mondo della ristorazione, a Torino, riserva grandi sorprese. Se, nell’immaginario comune, viene in mente uno stile nato dalla parsimonia e da una fantasia contenuta, ebbene, è ora di ricredersi. Torino sta attraversando un momento di grande vivacità, malgrado la pandemia, o forse proprio in seguito ad essa. Vive una sorta di rinascita intellettuale e imprenditoriale che annuncia innovazione e intraprendenza, ma sempre con buon senso.

Basta fare un giro per la città per accorgersi che c’è fermento: chi arriva in treno a Porta Nuova si trova immerso in 2000 mq destinati all’ospitalità tra ristoranti, chioschi e spazi dove il cibo fa da padrone. È la novità eclatante di una riqualificazione della stazione ferroviaria che, recuperando il concetto di rigenerazione urbana in auge in molte città italiane, punta a offrire un insieme di proposte che va oltre il bar per diventare aggregazione e esperienza turistica.

In città altre novità si affacciano: Gino Sorbillo apre il suo ventesimo locale ed ecco la pizza napoletana più alla moda anche a Torino; la storica focacceria San Francesco è attesa a breve. Ma è dalla ristorazione di alto livello che arrivano notizie succose, come l’apertura del nuovo ristorante della famiglia Alciati, dentro la Grande Enoteca di Eataly Lingotto; si chiama Giù da Guido e segue la filosofia dello stellato di Fontanafredda nel proporre la sua cucina pregiata, di altissima attenzione alle materie prime, curata nella forma e nella sostanza come i suoi indimenticabili plin.

“Il cliente torinese è un essere umano alquanto difficile, refrattario ai cambiamenti e diffidente delle novità, ma se lo conquisti, ti sarà fedele per sempre”. Luisa Pandolfi lo sa bene. Il suo ristorante – Le Vitel Etonné – in centro città, è uno dei ristoranti tradizionali storici di Torino e lei conosce i suoi concittadini; li accoglie nel suo locale da molti anni e loro non l’hanno abbandonata, neppure durante la pandemia.

“Tutti i locali torinesi presenti in città da molti anni – spiega Luisa – possono contare su una clientela estremamente fidelizzata: il torinese viene da noi perché si fida, e questa è stata la chiave di volta. Non ci hanno abbandonato ma supportato. Bisogna comprendere una cosa: il torinese è fondamentalmente cauto e diffidente, un po’ chiuso e riservato. Ma è capace anche di grande generosità, è affettuoso e disponibile. Chi riesce a scalfirne la corazza trova un cuore grande. Ognuno di loro si è dimostrato collaborativo, secondo le sue personali disponibilità, anche economiche, e ha sostenuto le iniziative di asporto, le modifiche alle modalità di consumo, anche a livello emotivo, dimostrando affetto e partecipazione. Questo è molto gratificante per noi, significa che hanno compreso il rapporto che abbiamo instaurato negli anni, fondato su rispetto e comprensione, e ci hanno contraccambiato con la fedeltà”.

Discrezione e naturale riservatezza sono caratteristiche imprescindibili nella natura del torinese, eppure ci sono grandi novità e la città e i suoi abitanti evolvono in maniera sorprendente. Solo che nessuno lo sa perché nessuno lo dice. “Tanti giovani imprenditori stanno aprendo attività – conferma Luisa Pandolfi – e imprenditori più maturi pensano a raddoppiare la proposta. È un segno della vivacità di Torino, che si sta mettendo alla prova: se idee e iniziative passano in sordina è perché siamo schivi e spigolosi. Non è un difetto, dalla lentezza viene la fidelizzazione, e quella rimane”.

Le Vitel Etonné non ha cambiato il suo modo di fare ristorazione, non ce ne è stato bisogno. “Non ho voluto fare delivery – spiega Luisa – non lo ritengo un modo soddisfacente di fare ristorazione. Ho proposto, già dal 2016, la vendita di pasta fresca, una delle nostre specialità, come un pastificio, e questo ha avuto successo, facendoci guadagnare visibilità. Per il resto ho mantenuto la nostra identità basata sull’accoglienza e la qualità”.  

Maybu_08_00019jpg
il burritos di Maybu

La tradizionalista Torino, dunque, si offre perfino in versione estroversa, vuole sperimentare e scoprire nuovi sapori e tendenze. È il caso di Maybu- Margaritas y Burritos - il nuovo format fast casual messicano aperto di recente da Diana Beltran, chef nata ad Acapulco e giunta a Roma una ventina di anni fa che insieme a Gianluca Marinelli (figlio di Diana e developer manager di Maybu) propone la sua cucina etnica che attinge al patrimonio etimologico, culturale, generazionale e cosmopolita di stampo Tex-Mex evoluto in chiave contemporanea, e lo fa in modo innovativo, con grande attenzione alle tematiche green.

Curiosa la scelta di Torino, forse una sfida, come spiega Gianluca Marinelli: “Abbiamo scelto Torino perché ci è capitata l'ottima opportunità di prendere un bellissimo locale dentro alla nuova costruzione di piazzale Aldo Moro (UNITO) ma con affaccio su strada. Nel nostro progetto imprenditoriale c'era l'idea di espanderci nel nord Italia e abbiamo pensato che la pandemia avesse colpito di meno una città come Torino rispetto a Milano e Firenze che vivono anche di turismo oltre che di vita propria; Torino ci è sembrata una scelta più solida e sicura. Inoltre Torino è una città incredibile”.

E Torino e i torinesi apprezzano. Le recensioni sono entusiaste: “Soprattutto, la cosa più bella – racconta Gianluca - è vedere studenti universitari che provano i nostri prodotti a pranzo e poi tornano la sera con i genitori i quali, inizialmente titubanti, si manifestano felici alla fine della cena! Ovviamente è la prima città fuori Roma dove apriamo, quindi ci stiamo mettendo un po' più di tempo ad attirare la clientela rispetto alle altre aperture che abbiamo fatto e fare previsioni, in un periodo del genere, è praticamente impossibile. Sarebbe come farsi fare un burrito, poi farlo chiudere, e sperare di indovinare cosa ci sarà nel primo boccone. Noi sappiamo solo che tutti gli ingredienti ci piacciono e che comunque vada sarà un successo”.


The soul KitchenVIO_4222-Modificajpg
The Soul Kitchen - foto di Giorgio Violino

The Soul Kitchen è un esempio di come una ristorazione condotta secondo un programma ben definito e seriamente concepito possa conquistare una clientela sofisticata ed evoluta. Solidità e sperimentazione vanno di pari passo quando la proposta è studiata con convinzione. Luca André, chef e patron del ristorante, ne è convinto:” La mia clientela, pur fidelizzata, è cambiata negli anni seguendo i cambiamenti che ho proposto loro. La mia cucina vegetale si è evoluta nel tempo, diventando più sofisticata e ricercata, volutamente, perché ho voluto seguire le mie inclinazioni, i miei gusti, piuttosto che inseguire il consenso del pubblico. Questo lavoro di ricerca è stato apprezzato e oggi, con le difficoltà dei tempi che stiamo vivendo, posso affermare che la selezione che ho applicato su materie prime, ingredienti, processi e abbinamenti, ha raggiunto quella fascia di clientela che andavo cercando: colta, raffinata, di livello medo alto, molto curiosa e desiderosa di provare nuove esperienze, con un’apertura mentale in grado di comprendere il valore di quelle sensazioni ed emozioni che desidero comunicare”.

In una Torino legata alle tradizioni ma aperta alle novità la clientela di The Soul Kitchen conta giovani e meno giovani, perché la voglia di provare esperienze nuove è per tutti: “In una fascia di clientela che comprende giovani e meno giovani, tutti sono accomunati dalla curiosità. I miei clienti non sono necessariamente vegetariani, anzi, la maggior parte di loro sono semplicemente in cerca di nuove esperienze e se stasera provano la mia cucina vegetale domani proveranno di sicuro qualcosa di totalmente diverso. È l’apertura mentale verso cibi e abitudini differenti a coinvolgerli: sono onnivori curiosi e amano una cucina gourmet ricercata, di prestigio”.

Il ristorante di Luca André è rimasto chiuso diversi mesi durante la pandemia – “abbiamo approfittato per ristrutturare il locale” – e, coerente con il format scelto, lo chef non ha ceduto alla tentazione di rivoluzionare il suo metodo: “Non ho voluto reinventarmi tra delivery e food box, non mi piace. Ho visto troppi colleghi snaturare il loro stile per inseguire una tendenza che ritengo destinata a fallire. Ho ridotto i posti in sala, cosa già preventivata, anche a causa della difficoltà di trovare personale specializzato, e mantengo invariata la mia proposta di accoglienza: servizio di alto livello e proposte di valore, questa è la mia idea di ristorazione”.

 

pubblicato su sala&cucina febbraio 2022
la foto in copertina è di Le Vitel Etonné