Viaggio tra i colori della cucina mediterranea

by Marina Caccialanza


Il bacino mediterraneo è protagonista ma non è un confine. Semmai, un punto di partenza per la scoperta di un universo culinario che evolve e si completa abbracciando culture e tecniche differenti nell’espressione, universali nell’obiettivo da raggiungere. È la mediterraneità come concetto, un modo di essere che racchiude storia e contemporaneità, consapevolezza e visione.

“Quando mi hanno proposto di scrivere un libro – afferma Roberto Di Pinto – mi sono reso conto che era proprio quello che ci voleva per me. Perché la vita mi ha allontanato da Napoli, all’inizio della mia carriera ho voluto distaccarmi dalla mia napoletaneità, finché non ho fatto pace con essa e non è diventata il punto chiave della mia cucina. Non sempre riaffiora, la mia anima napoletana, ma è sempre presente”.

“Viaggio tra i colori della cucina mediterranea”, edito da Italian Gourmet, è il primo libro di Roberto Di Pinto, chef napoletano con una lunga esperienza tra le migliori cucine del mondo. Nel 2018 apre Sine, il suo ristorante a Milano, in cui propone una cucina mediterranea contemporanea dove la tradizione rivisitata viene esaltata o scomposta nel pieno rispetto della materia prima, in un concetto di cucina senza confini, da Napoli al resto del mondo.

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Cucina mediterranea, ideale o realtà?

“Quando pensiamo alla cucina mediterranea – spiega Di Pinto – pensiamo al pomodoro, al pesce, a piatti colorati ed estivi, freschi. Ma cosa vuol dire mediterraneo? Cosa siamo noi? Se riflettiamo attentamente, ci rendiamo conto che non siamo altro che un insieme di culture, di popoli che nei secoli hanno lasciato la loro impronta. Siamo stati bravi, certamente, a cogliere quello che ci offrivano e farne dei capolavori. Abbiamo preso e trasformato, abbiamo fatto nostro questo dono. E se ho saputo interpretare il pomodoro, perché, oggi, non dovrei essere in grado di interpretare lo zenzero o il shiso?”.

La cucina mediterranea, nella visione di Roberto Di Pinto, si arricchisce e racconta, nei piatti che ne nascono, chi eravamo, chi siamo e chi saremo domani.

Afferma Di Pinto: “Nei piatti c’è Il momento attuale. Racconto il mediterraneo per questo, perché viaggiare aiuta e l’insegnamento che ne arriva è importante e ci guida al futuro”.

 

I colori, espressione del gusto

La rappresentazione simbolica dell’esperienza gustativa di un piatto sono i colori – rosso, nero, giallo, blu…non sono solo sfumature cromatiche ma espressione del gusto.

“I colori – racconta chef Di Pinto – rappresentano me piuttosto che il mediterraneo. Per esempio il nero. Mi piace disegnare ma quando studiavo non utilizzavo mai il nero finché il mio insegnante non mi spiegò che il nero è il colore dei colori, li racchiude tutti, e mi rappresenta perché ogni volta è diverso. Il nero è un ponte filosofico tra il colore e quello che ti succede quando assapori il piatto. È per me anche un dolce ricordo d’infanzia quando mia madre, indaffarata, faceva le cotolette: la famiglia era numerosa e io il figlio più piccolo a cui arrivava l’ultima fritta. Per molto tempo ho creduto che il nero fosse il colore della cotoletta”. E così, in menù, la Cotoletta del figlio ultimo serve nel piatto un ricordo di famiglia. Così come la Parmigiana espressionista, racchiusa in un velo di carbone vegetale, è uno scrigno di ingredienti nostrani mescolati a quelli d'Oriente, o il Carciofo cacio e ova abbinato a french toast al tartufo nero, ricorda un fiore.

Il primo capitolo del libro è dedicato al pane, simbolo di condivisione, del pensiero culinario, ed è giallo; l’arancione per gli amuse bouche, l’inizio dell’esperienza gustativa; il rosso è il colore dedicato ai primi piatti: rosso come la passione, che infiamma i gusti, che rimette al centro la mediterraneità, rosso come il pomodoro spesso protagonista delle ricette. Qui troviamo il piatto simbolo della cucina di Roberto Di Pinto, il Risotto Milano-Napoli, che lo chef così racconta: “Durante i miei percorsi, ho fatto anche uno stage a Londra dove uno dei piatti era il risotto Milano-Tokio. Il mio palato era poco abituato e non me lo aspettavo. Non ero nemmeno mai stato a Milano, non era nei miei progetti, ma pensai che un giorno avrei fatto anch’io un piatto così, ma più buono! Il fatto è che al sud non lo sappiamo fare il risotto, abbiamo sì una cultura del riso ma non quella della mantecatura, facciamo il sartù, la zuppa, non il risotto. Ebbene per me il risotto è un piatto avvincente, unito poi al sapore del pesce offre quella nota di umami che abbiamo dentro, che ci rappresenta. Faccio questo piatto dal 2010: nel prossimo menù ci sarà l’evoluzione, sarà il Risotto Milano-Napoli-Tokio”.

Poi, c’è il blu, per i secondi piatti, a indicare la profondità della bontà; il rosa per il dessert e il marrone per il caffè. Quest’ultimo è un elemento importante per Di Pinto, con la moka, filtro o con la cuccumella, da buon napoletano. A ognuno il suo, perché il caffè è un rito da condividere, da gustare con calma. Il caffè racchiude l’essenza del mediterraneo come concetto: affonda le sue radici nell’incontro di culture e lo esprime con modalità differenti.


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Sine, senza limiti

Nel nome scelto per il suo ristorante milanese, Roberto Di Pinto esprime il concetto della sua cucina. Sine vuol dire assenza di limiti, vuol dire capacità di guardare oltre, di superare i confini del pensiero e gli schemi gastronomici. Non ci sono limiti di spazio, di tempo, tutto è possibile nell’armonia che si crea tra un’idea e la sua realizzazione.

Nel Mediterraneo, bacino incredibile, centro nevralgico del mondo, ogni merce, ogni prodotto, ogni metodo o tecnica di lavorazione può esprimere se stessa.
Da Sine, a Milano, due menù degustazione esprimono questo concetto. Uno vuole essere un viaggio in evoluzione perenne, l’altro è uno scrigno di ricordi. Il processo tecnologico, l’ispirazione, accompagnano l’espressione e superano quello che è il concetto tradizionale di mediterraneità per offrire l’immagine (e la sostanza) di una cucina frutto di scambio, di contaminazione. Con delicatezza, con armonia, perché il sapore (l’umami) è ovunque, ci appartiene e basta saperlo riconoscere per trasmetterlo.

Per trasmetterlo, non c’è solo il piatto ma un insieme di elementi di cui fanno parte il team del ristorante e i clienti che lo frequentano.
“Il rapporto col team è complesso – afferma Di Pinto – ma fondamentale. Noi chef a volte appariamo belli, forti e smaglianti, ma non è sempre così. Nel profondo abbiamo le nostre insicurezze. Ma quando mi sento inadeguato, non all’altezza, se mi sembra che la situazione mi stia sfuggendo di mano, è lì che trovo la mia forza. Nel gruppo di lavoro – e il mio è straordinario – attingo l’energia: posso diventare forte, essere una guida. Perché niente mi spaventa se non il fatto di non essere in grado e così combatto per essere all’altezza. Ai miei ragazzi devo dimostrare ogni giorno di essere un capo, un fratello, leader, ed è la parte difficile. Ci metto il cuore. Il team assorbe da me, io do a loro e loro devono dare agli altri, devono avere la sensibilità di comunicare col cliente, senza di loro non c’è nulla”.

Il piatto che Roberto Di Pinto sente più suo? La Parmigiana Espressionista. Quello che vorrebbe? Non c’è ancora, ma arriverà.
Intanto, per i lettori di Viaggio nei colori della cucina mediterranea, di Roberto Di Pinto, edito da Italian Gourmet, 60 ricette con le quali ci invita alla sua tavola: un luogo di incontro dove trovare spunti e idee per creare innovative geometrie, imparando ad accostare materie diverse tra loro senza (sine) dimenticare la “nostra” cucina e la mediterraneità che sta in ognuno di noi. 

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