Piemonte da scoprire

by Marina Caccialanza


Parte da quella che fino all’inizio del secolo scorso era considerata la città più importante del Piemonte, Mondovì, passa da Garessio e termina poco lontano, nel borgo di Valcasotto la nostra breve passeggiata nella provincia di Cuneo, in quelle valli distese tra le Alpi e le Langhe, dense di medioevo e natura, che offrono un territorio tutto da scoprire, disseminato di varietà culturali, paesaggistiche, artistiche e gastronomiche.


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la meridiana di Piazza Maggiore a Mondovì

Non può che iniziare dalla splendida Piazza Maggiore la scoperta di questa città dall’anima medievale. Da qui si accede al Museo della Stampa perché qui fu stampato il primo libro nel 1472 e oggi il museo raccoglie la più completa raccolta pubblica di macchine e strumenti tipografici; al Museo della Ceramica, con seicento pezzi esposti e oltre duemila conservati provenienti da una florida produzione sviluppatasi tra l’epoca napoleonica e gli anni sessanta del novecento: colori sgargianti, soggetti popolari e il tipico galletto dalla coda variopinta; nei pressi parte la Funicolare che unisce i rioni di Breo e di Piazza dal 1886, prima con vetture a vapore, poi con un sistema a contrappeso d’acqua e infine ad elettricità: la nuova funicolare disegnata dall’architetto Giugiaro è oggi una delle attrattive più spettacolari della città.

Ma per una sosta di pace e serenità, è d’obbligo una passeggiata aldilà della piazza, nel Parco del Tempo con la trecentesca Torre Civica del Belvedere: da qui la vista spazia su tutta la città sottostante e sulle valli intorno, le montagne. Un panorama di folgorante bellezza.

Merita un soggiorno Mondovì, e per restare immersi nell’atmosfera affascinante della storia che qui si respira ad ogni passo c’è il relais Palazzo Fauzone, una sorprendente dimora eretta nel XIII secolo dalla nobile famiglia Fauzone. Aperto nel 2022 dopo una lunga e attenta ristrutturazione che ha recuperato spazi e pregiati arredi, oggi accoglie gli ospiti e li immerge nella letteratura, passione e lavoro della sua proprietaria, Barbara Franco, e del suo compagno: la letteratura è infatti il tema portante delle camere e degli appartamenti riservati agli ospiti e aprire una porta è come aprire la copertina di un libro e iniziare a leggerne la storia. Sei camere e cinque appartamenti, altrettanti capolavori letterari da Orgoglio e Pregiudizio alla Storia Infinita, e così via. L'invito, ovviamente, è a leggere - o a rileggere - il romanzo di riferimento, disponibile sul comodino della stanza. O a prendere uno dei tantissimi libri che affollano gli scaffali dei corridoi del Palazzo, e sognare ad occhi aperti.

La cultura in tutte le sue forme domina la storia di Mondovì e la vocazione dei suoi abitanti per la formazione si ritrova lungo le sue stradine acciottolate da cui si raggiunge la scuola comunale di musica e canto, e giù fino alla piazza da cui si accede all’I.I.S.Giolitti-Bellisario. L’Alberghiera di Mondovì è la nostra meta: è qui che si svolge una cena molto speciale, tra le tappe di un percorso di promozione del territorio ideato da Visit Piemonte e Visit Cuneese in collaborazione con gli istituti alberghieri della Regione. “Gli istituti alberghieri si raccontano tra enogastronomia e formazione”, infatti, è una serie di incontri dove studenti e chef del territorio lavorano fianco a fianco per proporre agli ospiti una cena che valorizzi le eccellenze della tradizione culinaria offrendo ai giovani la possibilità di mettere in pratica le competenze acquisite a scuola.

Una vetrina che vuole promuovere i prodotti del territorio ma anche valorizzare le professionalità che vi ruotano intorno: cuochi, bartender, addetti all’accoglienza. E vuole valorizzare le eccellenze espresse dall’istituto di formazione alberghiera. Cene aperte al pubblico oltre che agli addetti alle istituzioni e alla comunicazione, perché la società capisca l’importanza del lavoro svolto dalle scuole. Cene ideate per offrire una panoramica della tradizione culinaria del territorio ma, soprattutto, per dare spazio e visibilità alle persone.

Afferma la dirigente del Giolitti-Bellisario, Donatella Garello: “Nel mondo della ristorazione mancano 24mila braccia. Il nostro compito consiste anche nel costruire una rete che unisca scuola e mondo del lavoro attraverso l’impegno e la professionalità di coloro che hanno dedicato alla formazione professionale tutto o parte del loro tempo. Come lo chef Jerome Migotto, patron del Ristorante Le Piemontesine di Igliano (CN) che ha lavorato con gli studenti e i docenti per preparare il menù della serata. Chef Jerome si è rivelato in questa occasione un vero maestro dell’arte dell’accoglienza, con la sua tecnica, con la cura per i dettagli, con gentilezza e garbo, virtù che non possono mancare. Elemento fondamentale della formazione è saper creare osmosi con chi ha talento e, stasera, se le eccellenze della cucina piemontese hanno rivelato la forza del territorio, i ragazzi hanno mostrato di saper lavorare”.

Un menù studiato per dare rilievo alla tradizione con un tocco di contemporaneità, come è nello stile di Chef Jerome Migotto che ha guidato gli allievi dell’istituto nella preparazione di:

·     Vitello tonnato a modo mio

·     Ravioli di patate e mascarpone, spuma di parmigiano e Tartufo Bianco d’Alba

·     Pot-au-feu bollito della tradizione francese e radici d’autunno

·     Pera Toulouse-Lautrec. 

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Ravioli di patate e mascarpone, spuma di parmigiano e Tartufo Bianco d’Alba

Conoscere, pur se brevemente, il Piemonte vuol dire anche toccare con mano la storia d’Italia. La reggia di Casotto, monastero certosino fondato nell’anno mille da San Bruno e poi trasformato dai Savoia, nell’800, in dimora di caccia è uno straordinario complesso incastonato tra i castagni di una valle che sa di mare e ha vissuto la religiosa pace del convento, l’orrore delle spoliazioni napoleoniche e il fasto regale poi. Oggi, proprietà delle Regione Piemonte, conserva il corpo centrale e due ali laterali: della parte monastica restano solo alcune tracce in fase di recupero.

Il castello fu proprietà sabauda dal 1837 al 1881, da Carlo Alberto a Vittorio Emanuele II che vi praticava la caccia e trascorreva il tempo con l’amata “bela Rosìn”. Alla reggia di Casotto, nel 1858, la principessa Maria Clotilde, figlia quindicenne di Vittorio Emanuele, ricevette la notizia che doveva andare sposa al cinquantenne Gerolamo Bonaparte: un matrimonio dettato dalla ragion di Stato e voluto da Cavour come pegno d’alleanza con la Francia il cui ricordo rimbomba fragorosamente e fa riflettere sulla condizione femminile di allora e di adesso.

La reggia, un tempo monastero, resta un luogo magico e conserva opere d’arte e perfino un fantasma: quello della “dama in fiero” attribuito al Van Dyck, che pare scendesse dalla cornice per predire alla famiglia reale sventure familiari e politiche.

Il complesso, e l’intera località, devono il nome al nucleo originario dei certosini che, in principio, vivevano in otto piccole capanne (case-otto) da cui Casotto.

 


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la Reggia di Casotto

Breve la distanza ma straordinaria la destinazione. Perché Valcasotto, il borgo dei Re, oggi è il paradiso dei gourmet, amanti del buon cibo ma soprattutto del buon formaggio. E che formaggio!

A un passo dai castagni che circondano la reggia sabauda ex monastero, c’è una manciata di case dove si fa archeologia della storia casearia alpina. Il borgo di Valcasotto, infatti, ospita le antiche cantine di stagionatura allestite da Beppino Occelli con dodici diversi legni per diventare una “fabbrica di muffe” per i suoi rinomati formaggi.

L’affinatura è un’arte e l’occhio esperto dei mastri stagionatori trova, qui, l’habitat ideale: la grande cantina addossata alla montagna sprigiona umidità, proprio quella di cui il formaggio ha bisogno, e le muffe nobili fanno la loro comparsa. Il buio, insieme all’azione dell’acqua di sorgente e l’aria di montagna, crea il microclima ideale. I mastri stagionatori selezionano la barricatura naturale scegliendo tra 12 legni, dal faggio al melo, dal pero al ciliegio, e sulle assi riposano i grandi cru: Losa, Cusié (il nome deriva dal dialetto e significa “con quello che c’è), Verzin (da verde, perché erborinato), Valcasotto e Valcasotto di alpeggio. Quest’ultimo è il “formaggio del re”, e pare fosse il preferito da Vittorio Emanuele, quello che ogni anno i contadini gli regalavano per ringraziarlo di aver loro concesso gli alpeggi. Recuperato e reinterpretato da Beppino Occelli è oggi il prodotto di punta.

Ma il borgo di Valcasotto riserva altre sorprese perché Beppino Occelli, imprenditore illuminato che lo ha riportato in vita, ha recuperato anche l’antico mulino costruito in epoca napoleonica per l’uso dei contadini del posto che qui lavorano i frutti dei loro campi: segale per il pane, mais ottofile per le paste di meliga del Monregalese e per la polenta, grano saraceno e castagne da cui trarre una farina adatta a dolci e castagnacci.

Valcasotto è un giacimento di storia culturale delle Alpi, offre cibo per il corpo e per l’anima, tra escursioni in e-bike e panorami mozzafiato, bellezze artistiche e escursioni nella natura.

E, naturalmente, soste rigeneratrici gustando piatti genuini.

 


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La locanda non è solo un luogo di sosta, è un paradiso per chi cerca risposo, comfort e buon cibo servito con garbo genuino e ospitalità cordiale.

Si può riposare in una delle confortevoli camere e si può gustare un ottimo pranzo preparato dalle mani sapienti di chef Alessandra Ingenetti che insieme al marito gestisce la Locanda del Mulino di Valcasotto e si prende cura degli ospiti. Da oltre vent’anni, chef Alessandra presta la sua opera in cucina e, cuoca dell’Alleanza di Slow Food, utilizza le eccellenze del territorio con passione e competenza. A partire dalle specialità di Beppino Occelli, ovviamente, infatti la locanda è “locale del buon formaggio” di Slow Food e mantiene un legame stretto col Piemonte e con la Liguria, luogo di provenienza di Alessandra e della sua famiglia.

Siamo arrivati a Valcasotto nel 2013 – spiega chef Alessandra - e abbiamo portato la nostra filosofia dell’accoglienza, dei prodotti del territorio e del far stare bene i nostri ospiti. Non ci limitiamo a cucinare e servire i nostri piatti ma a raccontarli, a spiegare come sono fatti e le materie prime che utilizziamo. I formaggi che vengono affinati in questo luogo, poi, sono perfetti per interpretare il territorio e la sua, e mia, cucina”.  

Ed ecco i taglieri con formaggi e lardo, o piatti creati per valorizzare le materie prime del territorio: le tagliatelle realizzate a mano con la farina di castagne macinata nel mulino adiacente condite con burro e formaggi d’alpeggio, il flan di formaggi con fonduta di Valcasotto e porri di Cervere.

A condire il tutto, la cordialità di Alessandra Ingenetti che, col sorriso, accoglie, spiega, accontenta, cucina con garbo: la professionalità gentile di chi ama il proprio lavoro e sa come offrirlo ai suoi ospiti.

Il nostro breve viaggio nel cuneese finisce qui ma abbiamo scoperto un Piemonte ricchissimo di prelibatezze, capacità, cultura e, soprattutto, umanità. Un invito a tornare.


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tagliatelle di castagne con fonduta di valcasotto